Welcome to the jungle. Una giungla che tende all’entropia, al marasma, al caos. Una giungla di animali feroci, violenti, incomprensibili, dove anche gli esseri umani tornano bestiali – o forse non hanno mai smesso di esserlo. Ma appurata questa nostra animalità di fondo, il dubbio rimane: stiamo davvero evolvendo?

Fin dal principio La scuola delle scimmie, nuovo lavoro firmato Bruno Fornasari, pone molte domande, dirette e indirette, a cominciare da quelle sull’evoluzione e le teorie darwiniane. Darwin aveva ragione? L’evoluzione crea davvero l’ordine dal caos? Di primo acchito si è tentati di rispondere positivamente. Ma come si spiega allora il secondo principio della termodinamica che afferma come in un sistema isolato l’entropia sia sempre in aumento? L’evoluzione tende a realizzare le mutazioni più probabili e la probabilità della realizzazione di uno stato è inversamente proporzionale al suo grado di organizzazione, di ordine. L’evoluzione umana ci ha portato a essere una specie altamente strutturata, sintropica, oppure no?

La scrittura di Fornasari, sarcastica, acre, affronta temi di terribile attualità e racconta di una specie che pare rimanere, nei millenni, uguale a se stessa, simile in tutto e per tutto a quei ‘mezzi uomini’ dal volto di scimmia che popolano il palco nei cambi di scena: non vogliono né vedere né sentire né parlare. E mute sono anche le scene di violenza in apertura di sipario che Silvia Lorenzo commenta dalla platea quasi fossimo alle prese con scelte di montaggio: “Vi sembrano vere?” ci chiede, “Riuscite a sentirne la carica emotiva?”. No, nulla di tutto ciò sembra reale, nulla ci tocca di quella violenza, ci siamo abituati. Quelle scene ci introducono a due mondi, profondamente diversi in cui è ambientato lo spettacolo: il Tennessee degli anni Venti e l’Italia contemporanea.

Due educatori, Luigi Aquilino perfettamente aderente, sia nel fisico sia nella mimica, a un americano all’epoca del proibizionismo, veste i panni del professore di biologia John Scopes, e Tommaso Amadio quelli di un “prof.” di scienze naturali in un liceo di periferia dei giorni nostri. In comune, seppur a novant’anni l’uno dall’altro e con oltre 8000 chilometri di distanza, hanno un desiderio: parlare della verità. Una verità che come sempre è scomoda, difficile da definire e afferrare, e che può essere anche mostruosa: per l’uno è quella della teoria darwiniana, per l’altro è l’evoluzione delle religioni umane.
I due professori non sono però così lontani (il tempo ci ricorda Einstein con le teorie contemporanee, in realtà, non esiste): quelle realtà che sembrano inizialmente talmente divise e distanti da essere inconciliabili finiscono per sovrapporsi e implodere l’una nell’altra in dissolvenze dal sapore cinematografico. La scienza, come la religione, ha la sua caccia alle streghe; libertà e verità non vanno spesso d’accordo; il mondo non è fatto di bene e male; ogni essere vivente è violento e misurato al contempo. Angelo e bestia, come direbbe Hugo, questo è l’essere umano, fatto di coscienza, responsabilità, curiosità, brutalità e paura. Un essere conscio di cosa sia giusto e di cosa sia sbagliato, ma allo stesso tempo di come questi concetti siano relativi, parziali, impossibili da delimitare e da universalizzare. Allora chi può guidarci in una società in cui l’entropia sembra aumentare senza controllo?

Lo spettacolo, che riafferma la propensione del Teatro Filodrammatici verso drammaturgie contemporanee e originali, corre sul filo della tragedia e dell’iperrealismo, senza per questo essere un lavoro documentaristico né tantomeno cedere al drammatico: una tragicommedia in cui l’efficacia espressiva degli attori e dei video montati da Francesco Frongia riesce a far ridere e riflettere allo stesso tempo. La scuola delle scimmie racconta di un mondo in cui da un lato abbiamo abbandonato la religione come traccia da seguire, affidandoci sempre più alla scienza, mentre dall’altro ci siamo consegnati, noi uomini sapiens sapiens, a una religione talmente asservita da farsi strumento di guerra. Fanatismi ed estremismi fanno parte del gioco, “stare contro” anche: è una questione di scelta, “siamo tutti matite”, spiega il padre del professor Scopes al figlio, in galera in attesa del processo per aver insegnato, in barba al Butler Act, la teoria dell’evoluzionismo. Con un finale aperto, amaro, in cui ognuno rimane trincerato nelle sue convinzioni La scuola delle scimmie invita il pubblico a scrivere la sua storia. Le nostre vite sono una pagina bianca e dobbiamo trovare il modo di tirare fuori da noi stessi la grafite.

Camilla Fava

La scuola delle scimmie
di Bruno Fornasari
visto al Teatro Filodrammatici di Milano_il 07 febbraio 2018