La stagione del teatro viene e va? Nient’affatto: viene e sta. Sarà che l’anno scorso Expo con i suoi miraggi di sovvenzioni e pubblico internazionale aveva incentivato i teatri milanesi a fare gli straordinari estivi; sarà che in tempi di precarietà e di incertezze sul FUS – se vi siete persi qualche puntata, trovate qui una lettera aperta di Lorenzo Donati e qui le ragioni dell’Elfo e del suo ricorso al TAR – si cerca di far cassa e numeri come si può; sarà, infine, che il sistema economico ha da tempo ridefinito il loisir e il suo indotto, costringendo l’ambiente teatrale a uniformarsi ai ritmi e ad alcuni capisaldi (affitti-sala, multi-sala, esternalizzazioni ecc.) del ‘nuovo’ capitalismo culturale; fatto sta che le programmazioni, nel capoluogo lombardo, sembrano ormai destinate a dilatarsi come gli orari di certi supermercati aperti H24. Se il rischio intrinseco di ogni operazione intensiva è, sul lungo periodo, quello di insterilire il proprio humus ‘creativo’, la situazione al momento sembra ancora piuttosto florida, tanto che chi è rimasto in città può godere di un’offerta di tutto rispetto.
Qualche esempio? Iniziamo proprio dai protagonisti del recente affaire FUS: l’Elfo Puccini ha deciso di lasciar aperte le sale di corso Buenos Aires fino al 15 luglio con una rassegna dal titolo manifesto Un’estate all’Elfo. Ad alternarsi sul palco oltre a eventi specifici come Balerhaus, spettacolo danzante realizzato in collaborazione col Teatro della Contraddizione e Sanpapiè, titoli che hanno già debuttato nella stagione ‘invernale’ e che tornano condensati nel periodo di luglio quasi si trattasse di una compilation estiva. Tra i nomi ancora in palinsesto: La carne è debole di Giuseppe Lanino e A-MEN di Walter Leonardi.
Va per le lunghe anche la programmazione del Crt (l’ultimo appuntamento è il concerto dei Blonde Redhead il 20 luglio) che, nei mesi estivi, non si è certo risparmiato, proponendo alcuni spettacoli internazionali di alto profilo. A inizio giugno è stato il turno di Alvis Hermanis che con il suo Black Milk ha incantato la platea di via Alemagna. Protagonista assoluto uno stuolo di deliziose donne-giumente, tributo al retaggio lettone saldamente ancorato a tradizioni agresti e, di conseguenza, al rapporto con le bestie da soma. Surreale e ricco di ironia lo spettacolo del regista di Riga è stata sicuramente una delle sorprese migliori di questo non-fine stagione, la cui unica nota stonata è da registrarsi a margine, nella traduzione simultanea, il cui brio ricordava da vicino quello di un indimenticato personaggio di Marina Massironi (“Emozioniamo?”). E sempre dagli animali sembra prendere le mosse anche lo spettacolo di uno dei registi più discussi degli ultimi anni, Rodrigo Garcia, approdato due settimane fa al Teatro dell’Arte. 4 vede in scena insieme ai collabora(t)tori storici del regista argentino (Gonzalo Cunill, Núria Lloansi, Juan Loriente, Juan Navarro), anche quattro splendidi esemplari di galli, che calzano per l’occasione sneakers su misura. Un accostamento bizzarro che, senza fermarsi ad essere mera provocazione, esplicita la visione nichilista del regista: nella società contemporanea l’uomo non ha un ruolo molto diverso dalla bestia. Lo rivelano le inquietanti ragazzine truccate e addobbate in maniera provocante – la mercificazione della carne si fa pedopornografia –, che vengono manipolate, esibite e date in pasto al pubblico quanto i pennuti in scarpe da ginnastica o le esche che, in finale di spettacolo, vengono distribuite a insaziabili piante carnivore. Lo spettacolo di Garcia è una rapsodia postmoderna ad alto tasso di provocazione che può far storcere il naso a molti (anche in occasione del debutto non è mancata qualche fuga per indignazione) ma che riserva nelle pieghe della sua forma antinarrativa squarci drammaturgici di grande bellezza come il racconto da bar di un improbabile samurai e immagini surreali di sicura presa (la lotta/gioco/amplesso su una gigantesca saponetta chiamata a mondare il peccaminoso dall’essere umano).
Appuntamento consueto – ma non meno di rilievo – della programmazione estiva milanese è la rassegna Da vicino nessuno è normale (11 giugno-23 luglio), che Olinda porta avanti da ormai vent’anni nella suggestiva cornice dell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini. Anche qui il palinsesto non è certo quello da ‘saldi di fine stagione’. Tutt’altro. Oltre agli spettacoli-laboratorio di Fanny & Alexander e della nonscuola del Teatro delle Albe, si trovano in cartellone alcuni nomi noti del panorama italiano: da Puntacorsara a Lella Costa, da Abbondanza/Bertoni al Teatro delle Ariette. Tra questi, una menzione speciale va alla bellissima Odissea di Mario Perrotta, uno degli interpreti migliori del nostro teatro che a novembre ritroveremo in stagione (per la prima volta) al Piccolo Teatro con Milite Ignoto. Si distingue infine per la singolarissima messa in scena lo spettacolo Pier Paolo! di Fattore k. La compagnia romana capitanata da Giorgio Barberio Corsetti, avvalendosi della collaborazione di Roberto Rustioni alla drammaturgia, ha rivisitato l’universo pasoliniano in chiave sportiva, allestendo una vera e propria partita di calcio, da disputare sotto gli occhi attenti degli spettatori nel bel campo da gioco del Pini. Metafora della lotta e del vivere quotidiano, la performance sportivo-teatrale di Fattore k trova nella propria imponente coralità uno dei suoi punti di forza – notevole è l’impressione, appena saliti sugli spalti, di trovarsi immersi nell’atmosfera ariosa e partecipata di un teatro antico –, ma anche una delle sue principali debolezze. Diverse le incertezze in campo (ed è il caso di dirlo) sia di carattere tecnico, sia in termini di gestione dei ritmi e dei contributi dei vari interpreti. I numerosissimi riferimenti al corpus pasoliniano (citando in ordine sparso: da La ricotta a Comizi d’amore, da Ragazzi di vita a Mamma Roma, passando per il Pci ai giovani) e le concitate fasi di gioco/spettacolo danno vita sì a un caos vitalistico, festoso e inclusivo, ma rischiano, a lungo andare, di fagocitare i chiaroscuri della drammaturgia, uniformandoli sotto un’unica sfumatura farsesca. Ed è un po’ un peccato, dato che i momenti di interesse non mancano e il progetto, votato all’integrazione (molti dei ragazzi in campo sono immigrati), sembra muovere dalle migliori intenzioni.
Infine, in questa straripante stagione teatrale estiva, non si può non citare la riapertura della storica Piscina Caimi, diventata ormai sala aggiunta del Teatro Franco Parenti, nonché luogo ideale per coniugare il desiderio di evadere dall’afa cittadina con la propria passione ‘drammatica’. Da sempre molto attento alle strategie per intercettare nuovo pubblico, il teatro di via Pierlombardo non ha certo perso tempo e, a poche settimane dall’inaugurazione della struttura, ha dato il via a una serie di spettacoli con annesso “tuffo in piscina”.
Si preannuncia dunque vita dura per i festival estivi che troveranno, negli anni a venire, sempre più concorrenza nei palinsesti cittadini? Difficile rispondere. Quel che è certo è che, nel caso, un po’ di responsabilità sarebbe da attribuire proprio a Expo: se le realtà teatrali del capoluogo lombardo hanno (ri)scoperto che ai milanesi il teatro garba anche d’estate, la colpa è anche sua che, dopo averli illusi, ha lasciato nell’aria tanta voglia di fare.
Corrado Rovida