28 settembre 2016 – Università Statale di Milano
La parola del corpo
Coreografia. Tutto ruota intorno a questa parola. Di etimologia greca, la “scrittura del movimento” oggi non significa più soltanto creare e organizzare movimenti nello spazio, bensì dare al corpo la possibilità di esprimersi riguardo al tempo presente e alle sue problematiche. La coreografia offre un nuovo sguardo sul mondo, perciò possiamo affermare che la danza è una vera e propria filosofia. E che i coreografi come Marie Chouinard sono principalmente dei pensatori, dei filosofi del movimento.
Sguardo sull’artista: Marie Chouinard
Nata in Canada nel 1955, Marie Chouinard inizia il suo percorso avvicinandosi alla danza classica. Non riuscendo però con questa forma a dar voce a tutta la bellezza e le potenzialità espressive del suo corpo, decide di intraprendere un proprio itinerario di ricerca. Oggi è la direttrice del settore danza della Biennale di Venezia, e una delle principali coreografe sulla scena internazionale. Il segno fisico da lei trovato come mezzo di espressione è insieme forte e intenso, erotico e primitivo, volgare e spirituale. Tre sono le “dimensioni” fondamentali esplorate e valorizzate nei suoi lavori:
Il corpo: punto di partenza dei suoi primi lavori e tuttora al centro della sua ricerca, è mostrato nella sua nudità, come ne Le sacre du printemps, in cui i corpi spogli dei ballerini sono simbolo di parità, di appartenenza a un rito collettivo, non elitario. Unici elementi appariscenti sono le protesi arancioni che, come tanti fili d’erba, cingono loro braccia e gambe, indicando l’estensione delle possibilità animalesche del corpo.
La testualità: rapporto dinamico che unisce opera, lettore-spettatore, spazio e danzatori, la testualità è la componente centrale del lavoro Henri Michaux: Mouvements, in cui disegni astratti, calligrafie e paratesto del libro del poeta surrealista Michaux sono proiettati sullo sfondo, mentre sul palco i corpi dei ballerini li restituiscono alla vita, in un susseguirsi di movimenti di grande suggestione.
La visualità: per Marie essa non si esprime tramite una codificazione o una rappresentazione mimetica. Come ben si nota in The garden of earthly delights, ispirato al trittico del pittore Hieronymus Bosh, il rapporto con l’immagine avviene dentro al corpo, un corpo nudo che è una figura a disposizione, così come il pavimento è la tela e il coreografo il pittore che crea, attraverso modalità di movimento inedite, non un quadro, ma un’esperienza.
Questi spettacoli, proposti all’interno del vasto programma di MilanOltre, confermano l’importanza del festival milanese nel panorama italiano e non solo. Perché, come dice Stefano Tomassini, un vero festival non produce spettacolo. Un vero festival produce un pensiero, aprendo una nuova prospettiva sul mondo contemporaneo.
Chiara Andreatta
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView