Il festival Canile Drammatico ha saputo creare i presupposti per la nascita di momenti di convivialità e di dialogo capaci di portare spettatori e artisti – anche solo per un attimo – a ritrovarsi anche al di là della circostanza specifica in cui si fruisce insieme degli spettacoli che compongono il cartellone del festival. Uscire dal teatro, dunque, per invadere spazi dove potersi incontrare, dove conoscere altre realtà, stringere legami da tutelare, formare reti incrociando sguardi e dando ascolto a voci differenti della nuova scena per parlare e discutere con chi gli spettacoli li ha creati. In questo modo si possono abitare momentaneamente alcuni luoghi della città dove far nascere conversazioni capaci di fuoriuscire dalla formalità di un incontro orientato alla creazione di un’intervista, per dare vita a un dialogo spontaneo, naturale, scelto. Cosa vuol dire vedere Parma sotto una nuova luce, al di là degli attraversamenti quotidiani che la definiscono agli occhi di un cittadino o di un visitatore? Un festival può illuminare di nuovi attimi e angoli una città, mostrandola al di fuori degli ambienti culturali più canonici, può cambiarne i connotati, anche solo per un istante.
I momenti condivisi insieme – raccolti come istantanee sparse su un tavolo – ci indicano una possibilità diversa di vivere gli spazi liminali di un festival, andando oltre allo stare seduti nel buio della sala. Accade allora di oltrepassare i confini determinati dall’edificio teatrale, di spostarsi insieme, appena usciti dal Teatro al Parco, attraversando i viali alberati di Parco Ducale per andare a mangiare nei quartieri storici, di dividersi una focaccia o un panino davanti a un bicchiere di vino in una delle piccole vie del centro. Si ha la sensazione di svuotare un cassetto pieno di rullini fotografici, di attimi congelati, da cui si srotolano le immagini di quei vecchi filmini di mamma e papà da giovani, dove gli amici ridono abbracciati. Sembra di tornare a un tempo lontano: per un attimo tutto intorno a noi rallenta, riemerge una dimensione di convivialità legata alle occasioni di aggregazione, spesso sono difficili da creare nella velocità del nostro mondo. Si perdono così le vecchie divisioni tra pubblico, organizzatori e spettatori e si ritorna a una dimensione collettiva orizzontale, dove al centro si colloca la creazione di una comunità.
Diario del Dopofestival
17/05 ore 22
La prima sera ci ritroviamo a Rivamancina, un piccolo locale nell’Oltretorrrente – il quartiere universitario di Parma, dall’altro lato del fiume rispetto al centro della città – costellato di tavolini sparsi all’esterno che uniamo per avvicinarci e formare una lunga tavolata, occupando così tutta la piazza. L’atmosfera è concitata: si inizia a conoscersi, carichi dell’adrenalina che accompagna ogni inizio, avvengono scambi di bicchieri e di piatti, ci si stringe attorno al tavolo della cena, pervaso da un buonumore diffuso e, in questo continuo movimento, le voci si uniscono in un susseguirsi di parole, che danno vita a un brusio frenetico e vivace.
18/05 ore 22:30
La seconda sera Borgo Santa Brigida – locale situato in una stretta via del centro, conosciuto proprio per i suoi concerti live – ci accoglie facendoci ballare, prima a ritmo di hip hop grazie al live di Dhap Zanowski, Haku e Heavy Joe, e poi al suono dei canti folk e antifascisti di Francesco Pelosi & The Bouncing Brothers accompagnati dal contrabbasso suonato da Simone Baroni, che poco prima avevamo visto in scena in Biancaneve e i sette nazi e nel Contrappasso: rivederlo ora in questa veste, e prestare attenzione al contenuto dei testi cantati, permette di creare una vera e propria connessione con le questioni politiche affrontate nei lavori appena visti, aprendo una riflessione sulla necessità di sviscerare queste linee di ragionamento.
19/05 ore 23
L’ultima sera ci dirigiamo verso la birreria BastianContrario, un pittoresco pub situato sempre nella zona dell’Oltretorrente. Ancora in fibrillazione per gli spettacoli appena visti ma coperti anche da un velo di stanchezza, portandoci dietro quella leggera amarezza e malinconia che accompagna la fine di ogni festival, ci si stringe un’ultima volta attorno a una lunga tavolata per una cena tardiva. Si brinda a ciò che è stato e sarà, all’essersi riconosciuti, per questi tre giorni, come una famiglia. Famiglia, sì, perché mangiare alla stessa tavola e condividere un’intensa quotidianità non ci ha forse avvicinati a tal punto?
Ginevra Zaretti
in copertina: foto di Marcella Foccardi
DOPOFESTIVAL RANDAGIO
live di Dhap, Zanowski, Haku, Heavy Joe
e di Francesco Pelosi & The Bouncing Brothers
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico Sguardi da Canile Drammatico