Cosa può accomunare due artisti così diversi come Roberto Zappalà e Adriana Borriello? Sembrerebbe nulla. Cosa può esserci di simile tra due coreografie come Anticorpi e Col corpo capisco #1? Niente, persino i titoli sembrano annullarsi a vicenda. Eppure c’è una danzatrice che, per le sue caratteristiche, è stata scelta rispettivamente da Zappalà e Borriello per interpretare queste due coreografie e che ha saputo incarnare entrambi i loro stili: Ilenia Romano. Se è solo attraverso di lei che i due differenti linguaggi hanno saputo trovare un’unica via d’espressione, nessuno meglio di Ilenia potrà aiutarci a metterli a confronto grazie a due parole chiave, corpo e gesto.

Corpo

«Ci sono due modi diversi di guardare a un singolo corpo danzante: se vediamo attraverso gli occhi di Adriana Borriello, il corpo è qualcosa di ontologico, che vive e si nutre del movimento puro, lineare e assoluto; lo sguardo di Roberto Zappalà invece ci parla di corpo antropologico, inteso come elemento legato all’ambiente che lo circonda, che non può prescindere dal contesto culturale di cui l’artista stesso fa parte. È il corpo quindi ad essere al centro di entrambe le ricerche, dal “puro movimento” dell’una all’ammiccante “sicilianità” dell’altro: da una parte, infatti, la poetica di Borriello privilegia le differenze tra i corpi e la loro capacità di reagire in maniera diversa ai vari stimoli, fino ad arrivare a studiare il corpo inteso come individualità, come espressione di un singolo gesto. Per Zappalà invece, il lavoro si concentra nella ricerca di una matrice comune tra i singoli corpi, che li avvicini nonostante le differenze, che ne sottolinei i tratti simili (come accade in Anticorpi per esempio, dove maschile e femminile si confondono) fino a raggiungere una coralità che comprenda ogni elemento, che dia voce ad ogni istanza interna.»

 Gesto

« Roberto è più improntato a un’estetica legata all’animalità: cerca da noi istintività, prova ad arrivare alla verità delle cose. Per questo non c’è molta “pulizia” ed esattezza nel gesto che ci insegna: preferisce rappresentare l’imperfezione, il movimento istintivo e grezzo, la sbavatura. Un altro aspetto è che, quando lavora con qualcuno, fornisce all’interprete il materiale da cui partire, ma gli lascia anche la libertà di renderlo proprio, in un linguaggio che continua ad appartenere alla sua poetica, ma che viene rielaborato e declinato in modo personale da ogni ballerino e dalla sua animalità. Durante lo spettacolo (Anticorpi n.d.r.) c’erano parti lasciate a noi, alla nostra improvvisazione. Lavorare con Adriana, invece, è come lavorare in un laboratorio scientifico. Nulla è lasciato al caso. Quello che compie è un percorso molto preciso, che si potrebbe definire quasi energetico: lei viene dalle arti marziali, dal tai-chi. È da questo tipo di movimento che parte: un mondo completamente diverso rispetto a Zappalà.»

a cura di Veronica Heltai e Lidia Melegoni

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