di Tiziano Scarpa
regia di Fabrizio Arcuri – Accademia degli Artefatti
visto al teatro Elfo Puccini _ 6-8 dicembre 2013

Lo show dei tuoi sogni, un racconto per voce e musica, chiude la retrospettiva dedicata dal teatro Elfo Puccini all’Accademia degli Artefatti, compagnia teatrale che fa della contaminazione tra diverse forme artistiche la sua cifra stilistica. Ed è il titolo – a metà tra la suggestione poetica e un varietà da sabato sera – la prima chiave d’accesso allo spettacolo: è uno show con musica analogica ed elettronica eseguita dal vivo, ma è soprattutto un sogno.
Il pubblico entra in sala, le luci sono accese, sul palco un caotico accumularsi di strumenti musicali (dalla batteria al violino passando per la tastiera), cavi, un microfono, un tavolino con una lampada. Il pubblico prende posto. Entrano ed escono due ragazzi: sembrano due tecnici intenti a sistemare gli ultimi dettagli.

Poi un altro ingresso, questa volta forse si tratta di un attore: non funziona il videoproiettore che aveva portato, rivela, e fa appello, attraverso il prologo del Riccardo V di Shakespeare, all’immaginazione. Gli spettatori – ormai assuefatti dalle troppe immagini – devono compiere un processo simile a quello che mettono in atto nella lettura di un libro: visualizzare le scene, i personaggi, i luoghi.
Si abbassano le luci e ha inizio il racconto. Tiziano Scarpa, noto scrittore italiano che scopriamo qui nelle vesti di lettore scenico, racconta la vicenda tragicomica e surreale di un cartomante che diventa celebrità. È il suo metodo innovativo che gli permette di affrancarsi dai programmi notturni su reti locali per imporsi come personaggio televisivo: chiede agli spettatori di essere sognato, per poter leggere l’animo e offrire quindi i consigli giusti. Il successo arriva presto, ed eccolo in prima serata, in uno show tutto suo. L’intera narrazione è accompagnata dagli effetti sonori e dalle musiche di Luca Bergia e Davide Arneodo (i due presunti tecnici che abbiamo visto sul palco all’inizio dello spettacolo, alias Marlene Kuntz); il loro contributo – all’inizio apparentemente marginale – diventa poi centrale e significante, fino a imporre la musica come vera e propria partitura drammaturgica in sinergia con quella verbale.

La regia di Fabrizio Arcuri esplicita e porta fino alle estreme conseguenze quel meccanismo che è alla base del teatro: ogni spettacolo si nutre dell’immaginazione del pubblico, che è chiamato a integrare le informazioni che gli vengono fornite con la propria capacità di ‘visualizzare’. Il gioco qui viene svelato fin dall’inizio, e allo spettatore viene tolto ogni appiglio: niente scenografia, niente effetti visivi, solo il mondo onirico tutto in soggettiva evocato dalla voce di Scarpa. A ognuno la responsabilità e il divertimento di dare un volto ai personaggi, un colore ai luoghi, una regia al proprio personalissimo film, in bilico tra sogno e realtà.

Alessia Calzolari