di Mapa teatro
regia e dramaturgia: Rolf e Heidi Abderhalden
visto il 17 luglio all’interno del Festival di Avignon (11-18 luglio)
Festa e mattanza costituiscono il nucleo ossimorico di questo dramma, in cui la compagnia colombiana Mapa teatro guida lo spettatore ad attraversare il confine sottile fra questi due territori e a scoprirne la prossimità e la complicità.
È la prima volta che il festival di Avignon ospita una compagnia colombiana. I registi sono due fratelli di famiglia svizzero- colombiana, Rolf e Heidi Abderhalden, che hanno mosso i loro primi passi nel 1984 e che adesso costituiscono una delle compagnie più rinomate e all’avanguardia del teatro latino americano.
Su uno scenario addobbato a festa con palloncini e decorazioni dai colori folgoranti, Heidi Abderhalden racconta in prima persona attraverso il flashback il suo compleanno del 28 dicembre del 2009 celebrato a Guapi, piccolo paese della regione sud del Pacifico colombiano, dove lo stesso giorno si celebra la festa dei Santi Innocenti. La storia autobiografica di Heidi si intreccia con la storia del paese di Guapi. Attraverso la proiezione di un documentario, girato dalla stessa attrice nel 2009, lo spettatore puó rivivere alcuni momenti chiave di questa sorta di “carnevale” colombiano. Il linguaggio trasognato dell’attrice si mescola al linguaggio realistico del video documentario. Lo spettatore è catapultato a Guapi, i cui abitanti, per lo più di origine afro-colombiana, travestiti da donna e mascherati, scendono per strada e colpiscono gratuitamente i passanti con la frusta.
Come in uno strano rituale, la frusta riproduce e, allo stesso tempo, “esorcizza” la violenza. In effetti, la festa richiama alla memoria il massacro biblico degli innocenti a mano di Erode. In essa si evocano simbolicamente tanto l’antico desiderio di eversione dei discendenti degli schiavi neri contro i coloni, quanto l’attuale e continua violenza subita dalla popolazione civile di Guapi a causa della presenza massiccia di paramilitari nella regione. Dietro la frusta che colpisce gratuitamente il passante vi è una allusione alla “banalità” della violenza in Colombia.
Non a caso, sulla scena vengono trasmessi i discorsi di Herbert Veloza, alias H.H., famoso capo paramilitare estradato nel 2009, che confessa con agghiacciante naturalezza di aver commesso circa 3000 omicidi in Colombia negli anni Novanta.
H.H. da personaggio del video diventa una sorta di antagonista virtuale sulla scena. Il suo resoconto, con voce piatta e monotonale, rende inquietante la storia, svela il massacro delle persone civili, veri “santi innocenti” sulla scena reale colombiana. Storia e mito svelano il sottile confine fra innocenza e colpevolezza e mostrano come “il nemico stia nella festa”. I registi, etnografi e testimoni, svelano la violenza che si nasconde dietro la celebrazione.
Lo spettatore come in una matrioska scopre vari livelli di fiction e realtá e abita vari spazi/tempi contemporaneamente: il compleanno di Heidi, la festa di Guapi, la videoregistrazione del capo paramilitare.
Inoltre, nel video documentario appaiono le immagini della gente che durante la festa forma una manifestazione spontanea e esprime la sua ribellione al paramilitarismo: il rituale si trasforma in protesta politica. Il sottofondo sonoro è la marimba, musica tradizionale e rituale di questa regione, riprodotta dal vivo dal maestro Gennaro Torres.
Nella scena finale, un attore travestito colpisce compulsivamente con la frusta il palco scandendo il tempo del dramma. Tutto si conclude con la proiezione della lista dei nomi delle persone uccise da H.H. in Colombia: la festa iniziale si trasforma in necrologio in una perversa e perfetta simmetria.
Lo spettacolo oscilla fra evento multimediale, performance, teatro documentale e etnoteatro. Tutti gli elementi risultano bilanciati in un complesso ed ibrido puzzle interartistico.
Si tratta di un ritratto pungente e demistificante della Colombia contemporanea, atto di coraggio e testimonianza, spettacolo vivo in cui realtà e finzione si confondono. Come afferma il regista Rolf Abderhalden in una intervista: “Pensiamo che in un Paese come il nostro sia impossibile la rappresentazione e che il dolore sia irrapresentabile. Abbiamo provato a cercare altre strategie e dispositivi con l’idea non di ‘rappresentarlo’ ma di ‘presentarlo’ in forma diretta e testimoniale, contraddittoria e poética”. “Presentare” riassume il senso di questo spettacolo: nel senso di rendere presente il reale, rendere presenti le assenze della storia.
Daniela Palmeri