A distanza di un anno, due tra le compagnie di teatro di figura più importanti della scena teatrale italiana hanno allestito e portato in scena Macbeth. Due realizzazioni, che, senza volerlo, danno vita a un dialogo a distanza, tra i due estremi della penisola in cui sono nate: l’Associazione Figli d’Arte Cuticchio con sede in Sicilia e la Compagnia Marionettistica Carlo Colla & Figli, stanziata a Milano. Ecco un breve resoconto di queste due versioni del dramma shakespeariano.

Mimmo Cuticchio, Maestro Puparo che si muove tra fedeltà e innovazione, figlio d’arte e capocomico dell’Associazione Figli d’Arte Cuticchio, mette a nudo i meccanismi dei suoi pupi, senza eliminare però le perculiarità del teatro di figura, ma creando una nuova forma per la scena contemporanea. Nel maggio 2015 ha portato in scena, nella ex Chiesa da San Mattia a Palermo, Una corona sporca di sangue, la sua terza rilettura del Macbeth. Il palcoscenico è centrale, circondato su tre lati da spalti per gli spettatori. Il pavimento è coperto di foglie secche, il soffitto è adornato con grossi teloni bianchi, vele e tende ariose per abbassare l’altezza dell’edificio. Marionette e Attori si relazionano come se non ci fossero differenze, i marionettisti si muovono lungo tutto il palcoscenico, mostrando i retroscena. “Alla base del mio lavoro teatrale – dichiara Cuticchio – c’è il riconoscimento di una soggettività della marionetta  che contribuisce ad accrescere l’identità e il carattere del personaggio. In certi momenti l’attore riesce ad esprimere, attraverso il pupo a cui sta dando vita, sfumature espressive con una tale intensità che non riuscirebbe ad ottenere se restasse sempre legato alla propria individualità e alla recitazione tradizionale. Il pupo diventa la proiezione dei sentimenti e delle passioni del personaggio che l’attore interpreta”. Cuticchio ha voluto accentuare la dimensione tragica, mettendo in evidenza l’incidenza della natura e del destino nella vita del re. Una messa in scena fuori dall’ordinario, ispirata e dedicata a Orson Welles nel centenario della sua nascita e trentennale della sua morte, che ricorda come il testo di Shakespeare possa essere ancora attuale.

Ben più recente è invece il Macbeth dei Colla che, immancabili nella programmazione del Piccolo Teatro di Milano, presentano il classico shakespeariano dal 7 al 19 di giugno. I Fratelli Colla, si sa, sono parte imprescindibile della storia del teatro di figura italiano: risale al 6 marzo 1835, nel Borgo Vercelli, la nascita ufficiale della compagnia, ma la loro storia potrebbe andare ancora indietro nel tempo. Quando il sipario si apre nella sala del Grassi, la scenografia colpisce per la ricchezza e la minuzia dei dettagli. Cinque fondali calati in contemporanea riempiono e trasformano la scena in un campo d’azione visivamente infinito e al tempo stesso estremamente circoscritto: una grotta con rocce e cunicoli, il castello con sale e finestre, un bosco con alberi e cespugli… Luci e ombre, chiaroscuri, giochi di prospettiva sono stati studiati e realizzati con meticolosità da Franco Citterio, maestro e componente storico della compagnia.

I cambi di scena caratterizzati da lunghi intervalli bui sembrerebbero essere un chiaro riferimento agli stacchi di buio in uso nella prima cinematografia. È infatti proprio il cinema il referente più immediato dell’arte dei Colla: la quantità di personaggi presenti in scena, la possibilità di continui cambi d’abiti, di ambienti, di luci, la si può trovare oggi solo nel teatro di figura e nel grande cinema (oltre a certe produzioni liriche). Basti pensare che in questo Macbeth si contano 150 marionette in tre misure diverse per poter giocare con la prospettiva, e che per i personaggi principali sono state realizzate fino a 6 marionette differenti a testa. A fine spettacolo viene data la possibilità di esplorare il backstage, con tutti gli artefatti, i ponti sui quali si muovono i dieci marionettisti, e parlare con gli artefici dello spettacolo. È l’occasione per conoscere le curiosità e gli aneddoti su un mondo che riporta indietro in un tempo, imprecisato e magico, dove la materia può prendere vita. I Fratelli Colla portano avanti la propria storia e trovano nuove modalità di messa in scena, restando nel solco di una grandissima tradizione. Nella loro arte la marionetta torna ad essere mezzo comunicativo tra il drammaturgo e lo spettatore, diventando megafono di una voce non sua, espressione di un attore riparato dietro alla tenda.

Due opere figlie di due tradizioni differenti che sanno ancora sorprendere grandi e piccini: il pubblico di questi spettacoli è infatti composto in gran parte anche da adulti. Perché il teatro di figura è, in fondo, anche un gioco da grandi.

Giulia Alonzo