Quando si entra, sul palco del Teatro Fontana c’è solo lei, Madama Bovary, nel suo ricercato vestito bianco, le spalle scoperte e i capelli raccolti in un elegante chignon. Un aspetto e una postura raffinati, un’aria distinta almeno fino a quando la donna comincia a parlare. Quando apre la bocca infatti quel corpo aggraziato sembra cambiare sotto i colpi di una cadenza marcatamente dialettale in un contrasto che, da subito, ci fa guardare a quella annoiata signora borghese con una simpatia inedita.

La Madama Bovary che porta in scena la compagnia torinese del Teatro della Caduta (opera finalista nel 2011 al Premio Scenario ), parte da Flaubert per offrire nella libera riscrittura di Lorena Senestro uno sguardo divertito che forse ci è sempre stata negato nell’opera originale in cui Emma appare sempre  un po’ altezzosa nella sua allure francese. Anche qui, Emma è un’annoiata signora di provincia, imprigionata dalle sue aspirazioni borghesi e da un ideale di vita alimentato dalla lettura di romanzi d’amore eppure le mœurs de province, come recita il sottotitolo del romanzo, non sono più quelle di un piccolo paese della Normandia, ma quelli della pianura padana piemontese.

Cambia poco, ai fini della narrazione: la storia scorre come nel romanzo tra tradimenti e inettitudini e la provincia, anche sul palco, è presentata nella sua dimensione assoluta, come fattore esistenziale e non cardine geografico. La piemontesità però diventa un tratto di novità: insieme alle forti inflessioni dialettali, la signora Bovary parla una lingua inframmezzata da citazione di Guido Gozzano! Ed è proprio il grande poeta canavesano con i suoi versi crepuscolari a fare il dono migliore allo spettacolo offrendo quella distaccata ironia che rende più leggera e divertente la seriosa Madame Bovary. La Senestro, dal canto suo, è abilissima nel valorizzare questa chiave di lettura, dimostrando una grande capacità di giocare sul filo dell’autoironia senza diventare mai troppo pretenziosa.

Eppure la commistione tra un romanzo ottocentesco e un poeta del primo Novecento rischia di far venir meno proprio quella contemporaneità auspicata nelle note di regia: Madama Emma appare infatti sufficientemente moderna nel suo mal di vivere fatto di noia, aspettative mal riposte, frustrazioni quotidiane senza il bisogno di citazioni contemporanee che l’attualizzino. Al contrario le declamazioni di Vasco Rossi, le musiche di Yann Tiersen e la chiusura finale con il classico americano You are my sunshine, suonano quasi forzose, stonature nella gradevole atmosfera demodè sostenuta anche dai costumi di scena di Stefania Berrino.

Nella prova “in solitaria” della Senestro, energica e convincente anche grazie alla regia di Massimo Betti Merlin e Marco Bianchini, si intuisce l’esperienza accumulata al Teatro della Caduta,  da lei stessa fondato nel 2005 con Betti Merlin: fucina e palestra insieme  la realtà torinese è celebre per le sue “serate a cappello”, dove artisti senza compenso e senza provino si mettono alla prova sul palco in una sorta di atto di coraggio. Lo stesso che si riscontra qui a livello drammaturgico, non solo nell’idea di ibridare due mondi letterari distanti nella forma e nei contenuti come quello di Flaubert e quello di Gozzano, ma anche nella decisione di dare nuovo respiro a un dialetto dalla dignità letteraria ormai trascurata e spesso ignorata anche dalla scrittura scenica contemporanea.

Michaela Molinari

Madama Bovary
scritto e interpretato da Lorena Senestro
liberamente ispirato a Madame Bovary Gustave Flaubert con brani tratti da Guido Gozzano e altri autori
musiche originali di Eric Maestri
disegno luci Roberto Tarasco
costumi di Stefania Berrino
Regia di Massimo Betti Merlin e Marco Bianchini
Produzione Teatro della Caduta con il sostegno della Regione Piemonte

Visto al Teatro Fontana di Milano_10-11 maggio 2018