di Massimo Sgorbani
regia di Renzo Martinelli
visto al Teatro i _fino al 6 dicembre 2014
Si sprofonda con leggerezza nell’incubo della follia nazista in Magda e lo spavento, ultimo capitolo del trittico Innamorate dello spavento (scritto da Massimo Sgorbani), che dà voce alle tre “femmine” di Hitler, la cagna Blondi, l’amante Eva Braun e la fedele Magda Goebbels. Tre anime, tre modalità di affrontare il vortice del Male: l’istinto bestiale, il romanticismo passionale e ora la mente razionale di Magda, che interagisce in scena con Adolf in persona (un efficace Milutin Dapcevic, fra toni allucinati e regressioni infantili). Ma è la lucidità di lei a sconvolgere, e Federica Fracassi riesce a modulare alla perfezione voce e corpo (un nevrotico tip tap che si irrigidisce fino a movenze robotiche), per esprimere le sfumature della devozione di Magda all’Orrore.
Intanto una grossa ventola di aerazione gira, come a scandire il tempo della Storia, macina che schiaccia e travolge. La scena è scura e claustrofobica, separata dalla platea attraverso il filtro di un velo-schermo su cui la luce disegna inquietanti giochi di ombre.
Come riempire le lunghe ore nel bunker sotterraneo, mentre si sgretola il sogno del Terzo Reich? Con le ombre festanti e graziose di Walt Disney, una passione del führer: in un dialogo surreale e quasi beckettiano, Biancaneve e gli altri cartoons diventano il filtro straniante per interpretare il mondo in chiave allucinatorio-hitleriana. È Magda a sciogliere le aporie, corroborare i deboli argomenti del führer e giustificare la sua visione, intrecciando geometrie cerebrali sull’effimero. Nel tentativo di sviscerare le “trappole morali” architettate da “quel genio di Walt Disney”, i discorsi si popolano di creature fiabesche: i simpatici animaletti parlanti – spiega frau Goebbels – meritano disprezzo più che tenerezza, e altro non sono che sub-umani spregevoli aspiranti invano alla perfezione ariana. L’ossessione più forte è per il topo, e quel Mickey Mouse degli schermi è l’edulcorato parente stretto dei ributtanti abitatori delle fogne, resistenti a ogni massacro. Il Mostro vede sempre il mostruoso negli altri, e frau Goebbels fornisce a Hitler gli occhiali per vedere ciò che egli vuole.
In filigrana però si creano agghiaccianti sovrapposizioni: subito la mente corre alla feroce propaganda anti-semita, ma ‘sorci’ diventano in un certo senso anche il führer e i suoi fedelissimi chiusi in trappola nel bunker, la stessa Magda, madre prolifica del Reich, e infine i suoi bambini, che moriranno “colpevoli come topi o innocenti come topi”. E i sette nani della Disney arrivano a evocare, in un raggelante cortocircuito, un’altra serie di nomi: Helga, Helmut, Holde, Hilde, Hedda, Heide, allitteranti come in una filastrocca. Sono i piccoli Goebbels, vittime innocenti della Storia, uccisi dalla madre con il cianuro.
Il testo di Massimo Sgorbani dipinge una donna in bilico tra lucidità e follia, aggrappata al delirio di onnipotenza nazista e pronta a precipitare consapevolmente nell’abisso. “Innamorata dello spavento”, fino all’ultimo.
Gilda Tentorio