Rincorrersi, unirsi, serrarsi; poi riaprirsi, darsi parola, lasciarsi spazio. Sono i verbi a cui torno ripensando alle linee di Maqam, il lavoro della compagnia mk con cui, nel ventesimo compleanno di Cango, ricomincia a Firenze La democrazia del corpo, rassegna a cura di Virgilio Sieni. Su progetto di Michele Di Stefano, Maqam è l’incontro tra i danzatori della compagnia, il musicista Lorenzo Bianchi Hoesch, storico collaboratore del coreografo, e Amir ElSaffar, jazzista statunitense di origine irachena. Nel suo significato più letterale e preciso, maqam è il sistema di organizzazione melodica della musica araba tradizionale: nei fatti, è l’insieme di regole da cui prende vita il lavoro di improvvisazione dei due musicisti e, al contempo, dei danzatori. Ma maqam è parola mutante – e diventerà altro.

Maqam appare. Come i suoi danzatori, che quasi mai vediamo nell’atto di entrare in scena o di uscirne, Maqam si materializza e poi svanisce nel buio, qualche volta nel fumo, tra la grana di un’aria più fitta, tinta dalle luci di Giulia Broggi e Cosimo Maggini. Maqam ritorna, come i suoi suoni: come la voce e le note del suntar di Amir, che sembrano sempre nascere dall’eco di un prima; o come le linee dei movimenti, a volte direzionate, simili a frecce puntate a orientare lo sguardo, e altre volte invece ondivaghe, a confondere l’attenzione. Maqam si apre e poi si richiude, come i cerchi che ci sembra di vedere continuamente ridisegnati davanti ai nostri occhi: alcuni sembrano stabili, perfetti; altri rimangono aperti, rinunciando all’equilibrio per diventare vortici. Mentre li osservo, mi sembra di capire meglio le tavole degli Schizzi pedagogici di Paul Klee, quelli in cui il pittore tedesco mostrava ai suoi allievi del Bauhaus come il punto si fa linea, la linea diventa struttura, la struttura acquista movimento.

Paul Klee, “Schizzi pedagogici”

Nella sosta a Cango – che per i suoi vent’anni si chiede, in una sintesi di ostinazione e saggezza, da dove rifarsi?Maqam è un luogo di transiti, di passaggi. Qualcosa, per esempio, passa dalla voce ai corpi, senza che l’“improvvisare insieme” diventi mai un tradurre, né un mimetizzare le differenze; qualcosa viaggia tra i danzatori, quando ognuno, ricorsivamente, consegna a un altro lo spazio della scena; e poi, dal singolo, quel qualcosa viene donato al gruppo, quando tutti danzano insieme, nell’illusione che lo spazio tra i corpi possa essere, nel tempo della coreografia, continuamente rinegoziato e, quasi tangibile, diventi continuum e non assenza. In questo luogo di incroci, Maqam è l’invito a inseguire quella continuità, senza farsi spaventare dai vuoti. Convivono allora, nel lavoro di Di Stefano, le maglie serrate della danza coreografata, ma anche quelle libere del movimento improvvisato; il corpo sdraiato, la figura dell’attesa, e quello che infaticabile ruota intorno al proprio asse, concedendo a chi osserva, ogni tanto, di rubare al controluce il colore di un muscolo contratto o quello di una stampa sul nero dei costumi. Infine, Maqam vortica: come la doppia trottola, ancora di Klee, che infatti ruota, anzi «danza» (tanzt), perché solo così le «sarà impedito di cadere».

foto: Andrea Macchia

All’ultimo apparire e sparire dei danzatori, mentre ogni loro passo, fino all’attimo prima scalzo e silenzioso, indossa ora il suono del tempo, rimane la sensazione di non essere stati destinatari ma partecipi: forse perché Maqam nega quasi sempre la frontalità, e raramente ci guarda negli occhi. L’egocentrismo diffuso, per il quale piace, in fondo, percepire la vita come frontale (elogio o attacco che sia), viene un attimo meno: e se non fosse per noi? Forse è solo un passaggio in cui turbinare tutti, una scala – transitoria – su cui improvvisare.

Virginia Magnaghi


foto di copertina: Andrea Macchia

MAQAM
di Michele Di Stefano e Lorenzo Bianchi Hoesch
musica Lorenzo Bianchi Hoesch
con Biagio Caravano, Francesco Saverio Cavaliere, Andrea Dionisi, Sebastiano Geronimo, Luciano Ariel Lanza, Laura Scarpini, Francesca Linnea Ugolini
composizione e musica elettronica Lorenzo Bianchi Hoesch
canto, tromba e santur Amir ElSaffar
coreografia, regia e costumi Michele Di Stefano
disegno luci Giulia Broggi e Cosimo Maggini
management Carlotta Garlanda
distribuzione Jean François Mathieu
produzione mk/KLm 21-22
coprodotto nell’ambito del progetto RING da Festival Aperto – Fondazione I Teatri Reggio Emilia, Bolzano Danza – Fondazione Haydn, FOG Triennale Milano Performing Arts, Torinodanza Festival / Teatro Stabile di Torino Teatro Nazionale
partner associato Lavanderia a Vapore, Fondazione Piemonte dal Vivo
con il sostegno del Teatro di Roma – Teatro nazionale
con il supporto del MIC