“Credetemi, il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”. Così il presidente della Repubblica Sandro Pertini all’indomani del terribile terremoto che colpì l’Irpinia nel 1980. Una dichiarazione d’intenti atta a rinnovare la speranza dei molti che avevano perso tutto, un tentativo di conforto che a distanza di quasi quarant’anni trova ancora una forte risonanza nell’attualità, in un’Italia che non ha smesso mai di tremare. Ma all’indomani di esperienze di ricostruzione problematiche, corredate da scandali e speculazioni come quella avvenuta a L’Aquila, di uno scetticismo sempre più radicato nei confronti dello stato e perfino della Protezione Civile, a chi spetta oggi quel ruolo edificante (nel vero senso del termine) un tempo ricoperto dalle istituzioni?
È, in un certo senso, in questo vuoto di ‘esemplarità’ che si colloca Maria Sotterrata – La terra trema la volontà no, con cui la giovane compagnia Chronos3 si presenta sul palco dei finalisti del Premio Sonia Bonacina. Epicentro della narrazione, la comunità di Gemona del Friuli che più di trent’anni fa (correva l’anno 1976) si trovò a rimettere insieme i pezzi della propria cittadina, spazzata via da uno dei peggiori sismi nella storia del Belpaese. Frutto di un lavoro di indagine sul campo, di raccolta e documentazione delle testimonianze dei sopravvissuti, la drammaturgia firmata da Davide Lo Schiavo per la regia di Valentina Malcotti sceglie però di abbandonare la strada della cronaca, per inoltrarsi nel privato della giovane protagonista. Intrappolata sotto le macerie della propria casa crollata resiste infatti Maria che, tra la vita e la Morte – impedita anch’essa nel suo triste ufficio dal terremoto – ripercorre tra il serio e il faceto il proprio vissuto di ragazza di provincia. Tra ambizioni imbrigliate, legami famigliari che diventano lacci, e un’indole che tarda a manifestarsi in tutta la sua pienezza, Maria diventa simbolo di uno stallo esistenziale prima che fisico, in cui il terremoto rappresenta allo stesso tempo evento traumatico e occasione di riscatto. Il monologo interpretato dall’energica Valeria Sara Costantin si trasforma quindi nel racconto di una presa di coscienza: una riappropriazione identitaria, che attraverso l’insistita cadenza friulana dei diversi personaggi in scena, punta al colore drammatico ma anche a rivendicare l’autenticità di individui realmente esistiti, anche se storicamente non rilevanti. L’episodio sismico in Maria Sotterrata rappresenta soltanto un ubi consistam, è il pretesto di realtà per una celebrazione esemplare e orgogliosamente dal basso della gente comune, quella a cui lo spettacolo di Chronos3 si propone di parlare, scegliendo una teatralità ‘trasparente’, emotivamente e narrativamente diretta: esplicita nella sua comicità quanto nei risvolti drammatici. È questa la forza e insieme il limite di questo lavoro, capace di far presa con il suo immediato vitalismo sulla platea del Piccolo Teatro Radio di Meda – tanto che è solo per un voto che non si aggiudica il primo posto del Premio – ma che rinuncia, allo stesso tempo, a un più articolato approfondimento storico-politico in favore di un intimismo surreale e sentimentale. Una scelta più che legittima, intendiamoci, ma in un’Europa in cui popolare fa sempre più spesso rima con populismo, non è forse tempo per il teatro (specialmente quello che ambisce al civismo) di esplicitare la propria funzione politica e fare della Storia, qualcosa di più che un godibilissimo intrattenimento?
Corrado Rovida