«Quest’oggi non dobbiamo ottenere nessun risultato estetico!». Esordisce così Manfredi Perego davanti alla schiera di danzatori che si è distribuita nello spazio della sala Fassbinder dell’Elfo Puccini in attesa della sua masterclass. Li invita a disporsi nello spazio distanziandosi, dando così inizio alla lezione. La prima indicazione è “shakerare” la parte superiore del corpo: gli allievi regolano il respiro, alimentando quell’energia che pian piano fluisce dentro loro col movimento. Poi si fermano ma non è finita: «C’è ancora un “residuo”», avverte Perego, pronto a ripartire immediatamente. Il residuo a cui si riferisce è la scintilla di energia che i danzatori devono sempre tenere accesa. Ecco allora che riprendono a muoversi: lentamente per poi accelerare e fermarsi ancora. Questa volta anche le gambe hanno partecipato alla scarica di movimenti. Il concetto su cui sta lavorando il coreografo di Studio per Anemoi è la tridimensionalità del corpo, «il nostro corpo è come un’onda» spiega, ed è proprio per questo che è necessario sperimentare sempre diverse direzioni. Invita i danzatori a dividersi in gruppi di tre. L’esercizio consiste nell’interagire con lo spazio lavorando sul respiro, sulla muscolarità e sull’anatomia del movimento (le ossa). Obiettivo: seguire le sensazioni, creare continuità nei gesti attraverso queste diverse modalità di movimento. Un gruppo alla volta si sparge nello spazio. Ad ogni movimento i ragazzi cercano di aggiungere un diverso punto di vista, una nuova prospettiva corporea. Tutti devono concentrarsi sulla costruzione dei diversi movimenti per percepire la differenza tra essi. Uno dei concetti su cui insiste Perego è la ricerca di uno “spazio di concentrazione”. Una volta entrati in questa dimensione il corpo può raggiungere equilibrio e leggerezza. L’equilibrio per il coreografo è infatti un’altra nozione fondamentale nella costruzione coreografica: significa non nascondersi nella velocità dei movimenti, ma essere coscienti della propria anatomia per trovare equilibrio nella mente e nel corpo. È così che proprio “l’anatomia del movimento” diventa protagonista dell’esercizio successivo, incentrato nello specifico su alcuni frammenti di Primitiva, ultimo lavoro del coreografo. Ai danzatori viene spiegato come affrontare un movimento apparentemente illogico: devono muoversi come se il flusso delle informazioni avesse dei blackout. I loro corpi si agitano nel tentativo di seguire questa indicazione, si scuotono e si dondolano. Un grande agitarsi, ma alla fine l’obbiettivo è stato raggiunto: è chiaro che gli allievi hanno preso sia coscienza della loro struttura corporea sia delle modalità con cui sfruttarla a pieno. Prima di terminare si cammina e ci si scioglie, un respiro rilassato torna lentamente a invadere il corpo dei danzatori.
Beatrice Locatelli
(In copertina ph: Marco Caselli Nirmal)
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview