A calcare il palcoscenico c’è gruppo di danzatori, riunitosi in sala Fassbinder per partecipare alla tanto attesa masterclass di Mauro Astolfi. Il coreografo di Spellbound Contemporary Ballet arriva seguito da due danzatori della compagnia, Mateo Mirtida e Giuliana Mele, interpreti degli spettacoli Marte e Wonder Bazaar. Tutti e tre salutano entusiasti gli allievi a cui è concesso ancora qualche minuto di preparazione, dopodiché la lezione può avere inizio. Il gruppo di giovani si sparge sul palco, distanziandosi e occupando tutto lo spazio a disposizione, nel frattempo Astolfi innesca un dialogo col gruppo, affrontando i principi guida della sua “filosofia creativa”. Innanzitutto è fondamentale sperimentare percorsi diversi in modo tale da poter sviluppare la capacità creativa necessaria per “elaborare la contemporaneità”. La ricerca di una gestualità anche semplicissima, ma intrisa di intenzionalità e consapevolezza, è il punto di partenza di questa masterclass. I danzatori ascoltano attenti da Astolfi, che non smette di parlare ma allo stesso tempo esegue: «I movimenti devono simulare una spinta, come se fossimo legati ad un elastico o come se dovessimo muoverci in una sostanza densa e gelatinosa». È questo il consiglio ai ragazzi per rendere la loro esperienza più immersiva, più “organica” dice lui. Obiettivo del coreografo è infatti quello di dirigere gli allievi in un’esperienza quasi sensoriale. I giovani danzatori chiudono gli occhi e si concentrano su due punti che faranno da cardine alla loro concentrazione: la gola da cui fluirà il respiro e i piedi, fulcro del bilanciamento.

I movimenti iniziano a prendere forma, e come da spiegazione, sembra proprio che incontrino nel loro scorrere una resistenza immaginaria. «Allungamento, contrazione, stretch» ripete Astolfi dettando il ritmo alla variazione del movimento che si snoda attraverso questi tre step. I danzatori si correggono, aggiustano le loro pose e i loro gesti cercando di seguire le indicazioni del coreografo e soprattutto di percepire sensazioni sempre nuove. Terminata questa parte “esperenziale” è il turno di imparare una vera e propria coreografia. I danzatori si dividono in due gruppi: uno con Mateo, l’altro con Giuliana. Cercano di mettere in pratica quello che hanno “percepito” nella prima parte, seguono con dedizione i due interpreti e, come esercizio finale, eseguono davanti ad Astolfi la coreografia appresa. Due ore intense, in prima linea, due ore dove i propri canoni, le proprie abitudini sono state messe in discussione, talvolta decostruite. Si esce scombussolati ma felici. Due ore in compagnia di uno dei coreografi più rappresentativi sulla scena europea non capitano tutti i giorni.

Beatrice Locatelli

(in copertina, ph: Sara Meliti)


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