Mengele
Di Thanasis Triaridis
Regia Kostas Filippoglou
Theatro Faust di Atene _ 3 Novembre 2014-15 Gennaio 2015

In Grecia la Shoah ha la sua città-simbolo: è Salonicco, chiamata “Gerusalemme dei Balcani” per la sua comunità ebraica, prospera e ben integrata fin dal XVI secolo. La tragedia cominciò con l’occupazione nazista e culminò dal marzo al maggio 1943, quando da qui partirono diciannove treni, destinazione Auschwitz. Dei 46mila deportati, poco più di un migliaio sopravvisse e fece ritorno.

È una ferita ancora aperta che non si vuole dimenticare. Anche Thanasis Triaridis, scrittore di Salonicco, non si sottrae al dovere della memoria. Ad Atene si sono appena concluse le rappresentazioni dello spettacolo tratto dal suo testo Mengele, che ha viaggiato attraverso la Grecia per il secondo anno consecutivo, registrando ovunque il sold out. La riflessione di Triaridis continua: fra due mesi a Salonicco, proprio nell’anniversario del grande rastrellamento del 15 marzo 1943, è attesa la première di Zyklon B, altro suo testo recente dedicato alla memoria della Shoah.

È possibile portare a teatro l’Orrore? Come risolvere il conflitto tra mimesi scenica e realtà, come esprimere l’indicibile e affrontare il tema di Josef Mengele, il medico nazista che praticò i suoi esperimenti sui prigionieri internati ad Auschwitz, inoculando malattie, estraendo organi vivi e sezionando quei poveri corpi, con sadismo soprattutto contro i bambini? Il testo sconvolgente di Triaridis lanciava una sfida, e il regista Kostas Filippoglou l’ha accolta, dirigendo due bravi attori (Lazaros Gheorgakopoulos e Myrtò Alikaki) in una scena pressoché vuota, con suggestivi giochi di luci e ombre per far risaltare il logos.

Non esiste una vera trama. Tutto sembra svilupparsi da scintille di casualità. Due sconosciuti, un uomo e una donna, si incontrano per caso su un treno notturno, unici passeggeri di un vagone-cuccetta. Lui impiegato statale, lei giovane dottoranda di storia che sta scrivendo la tesi su Mengele. Un improvviso black-out e il treno si ferma, al buio, le porte serrate. Per rompere la monotonia dell’attesa, i due decidono di fare il gioco dei “se” e dei personaggi: “Se tu sei…, io sono…”. E i personaggi di questo incontro saranno Josef Mengele e l’ebrea Esther Coen. Subito svanisce ogni tratto di ipotesi ludica e immaginaria. Scatta infatti un meccanismo sottile di teatro-nel-teatro che, grazie a continue rifrazioni ambigue, confonde i piani: vittima e carnefice, storia individuale e Storia collettiva, presente e passato, perversione e amore, razionalità e follia. Fino a che punto si spinge la finzione, e dove inizia la realtà? Chi sono davvero questi due passeggeri? Mengele è morto in Sudamerica o potrebbe essere ancora vivo? Claustrofobia di corpi e linguaggi, impegnati in una sfida al massacro. La cornice di asciutta essenzialità crea novanta minuti di tensione e tocca le corde di un profondo turbamento e commozione. Il bisturi di Mengele continua a lacerare le nostre coscienze.

Gilda Tentorio