Per fare teatro bisogna essere almeno in due, come per fare l’amore. Non esiste spettacolo senza la compresenza di pubblico e performer in un luogo deputato. In Entertainment, del russo Ivan Vyrypaev, due spettatori – amici o amanti non è importante – si accomodano in platea per assistere a una pièce con protagonisti Margot e Steven: lei non sembra conoscere i meccanismi del teatro e chiede continuamente a lui se i due attori sul palco si stiano davvero amando mentre si dichiarano in scena o se sia tutta e sola finzione.
Lo spettacolo di Menoventi, diretto da Gianni Farina e brillantemente interpretato da Tamara Balducci e Francesco Pennacchia, si presenta come un serrato interrogatorio a due voci. Gli spettatori protagonisti – sembra strano a dirlo – siedono in un ambiente insolito, cioè in una scena specchiata, seduti in una platea ricostruita di fronte alla nostra, quella degli spettatori ‘reali’, interpellati solo in apertura dagli sguardi meravigliati degli attori. Anche la trama sembra sdoppiarsi: i due sono infatti sia gli spettatori sia gli attori della vicenda che loro stessi stanno guardando, quella storia d’amore tra Margot e Steven che noi scopriamo solo attraverso le loro parole. Tamara Balducci è straordinariamente efficace nei cambi di registro e di ruolo tra l’anonima spettatrice e l’avvenente Margot, colei che insidia lo Steven di Pennacchia: e lo stesso Pennacchia dà prova di talento nei brevi istanti in cui vivifica Rebecca, moglie di Steven. Le domande sono tante e si susseguono vorticose, ricorsive, spesso hanno risposte puntigliose che inseguono la certezza senza trovarla. Sono gli interrogativi della donna, banali solo in apparenza, che fanno da motore al dialogo tra i protagonisti: e la relazione che si instaura tra i due spettatori ricorda a tratti quella tra genitore e figlio, col primo insofferente e certe volte spaesato nel confrontarsi con la fantasia primigenia e spesso geniale del secondo. L’uomo, inizialmente forte delle proprie convinzioni sulla recitazione e sullo spettacolo, viene man mano messo in crisi dalle domande, quasi infantili, della donna e finisce col perdere anche quel briciolo di sicurezza che gli aveva fatto rispondere a più riprese: «è solo intrattenimento».
Nello spazio non convenzionale del Lavoratorio, in cui attori e spettatori si trovano a poca distanza gli uni dagli altri, Entertainment si sviluppa appoggiandosi anche a un disegno drammaturgico delle luci. Nei quindici minuti finali in cui Margot e Steven, come entità sopite che si risvegliano dal pofondo, sembrano perdere il sopravvento sulla coppia di spettatori, i due si guardano l’un l’altra ripetendo per decine di volte la stessa scena, mentre una musica malinconica si intensifica e la luce a poco a poco si affievolisce. Il sottotitolo originale dello spettacolo, nella versione portata in scena dallo stesso Vyrypaev, era Una commedia sull’amore in cui tutto è possibile. Gianni Farina decide di elidere l’amore, eppure è proprio su questo sentimento che lo spettacolo si apre e si chiude.
«È possibile amare qualcuno che non c’è?», si chiedono spesso i ‘quattro’ protagonisti. È possibile amare dei personaggi? Domande lasciate a mezz’aria che non trovano risposte definitive. Lo spettacolo di Menoventi ci parla anche dello sguardo, e del punto di vista. I due spetta(t)tori, che siedono di fronte a noi, ci guardano e si guardano, e ponendosi domande scavano dentro loro stessi alla ricerca di un frammento di realtà. La pièce gioca di continuo sul sottile confine su cosa sia vero e cosa non lo sia: la scena ribaltata, la rottura della quarta parete, la consapevolezza di essere a teatro; ma sul finale sembra sancire il predominio della finzione e quindi delle possibilità intrinseche del teatro. Intervistato da Rodolfo Sacchettini, Gianni Farina ha affermato che l’amore, nel suo spettacolo, è un escamotage per interrogare la realtà: che Entertainment non ci mostra, facendocene tuttavia sentire gli echi, ma restando fedele all’intrattenimento.
Tommaso Quilici
in copertina: foto di Ilaria Scarpa
ENTERTAINMENT
una commedia in cui tutto è possibile
di Ivan Vyrypaev
con Tamara Balducci e Francesco Pennacchia
regia Gianni Farina
traduzione Teodoro Bonci del Bene
immagine Magda Guidi
voice over Consuelo Battiston
tecnica Luca Telleschi
organizzazione Marco Molduzzi, Maria Donnoli
logistica Greta Mini
comunicazione e promozione Maria Donnoli
produzione Le Città Visibili, E production/Menoventi
si ringraziano l’associazione L’Attoscuro e il Comune di Montescudo – Monte Colombo
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico Officina Critica #2