A consolare quei milanesi appassionati di danza che guardano con invidia al ricco programma di RomaEuropa Festival ci ha pensato, in questi giorni, la XXVI edizione di MilanOltre.
Per una città che ospita grandi coreografi solo in modo intermittente e che alla danza dedica un’attenzione a dir poco discontinua, la rassegna di stanza all’Elfo è una boccata d’aria fresca. Alle scorse edizioni si deve l’apparizione, seppur fugace, di giganti della coreutica come Alonzo King e Karol Armitage, e il piacere raro di vedere su un palco (che non sia quello degli Arcimboldi) corpi di ballo composti da più di cinque danzatori. Notevoli sono anche le opportunità di formazione coreografica per gli allievi delle più importanti scuole milanesi che, coinvolti in un ricco programma di laboratori con gli artisti del festival, sono diventati un pubblico assiduo ed entusiasta degli spettacoli.
L’edizione di quest’anno si muove nel segno di una particolare attenzione alla danza italiana: protagonista della sezione del festival appena conclusa (le successive saranno tra il 17 e il 18 Novembre e poi tra il 26 Novembre e il 2 Dicembre) è la compagnia Spellbound Contemporary Ballet di Mauro Astolfi. In Relazioni (pericolose) – che ha aperto la personale dedicata al coreografo – Astolfi utilizza il linguaggio corporeo per evocare le torbide atmosfere impresse nelle pagine di De Laclos. Il centro del lavoro, che rinuncia a ogni velleità narrativa, sono i rapporti tra uomo e donna: i corpi dei danzatori indagano dinamiche di contatto e di conflitto, di vicinanza e di abbandono, tessendo le trame inevitabili sottese a queste ‘relazioni pericolose’. A dominare è un’atmosfera tetra, tesa, per nulla rassicurante: tutto – dai vestiti scuri, al trucco quasi in stile ‘dark’, fino alle musiche elettroniche originali dei Notfromearth – sembra negare allo spettatore una fruizione dolce.
Il lavoro dei perfomers è ineccepibile e la regia raffinata, eppure lo spettacolo lascia un’impressione di freddezza. È in parte l’originale stesso, con il suo ferreo rifiuto di ogni sentimentalismo, a portare in questa direzione; ma si percepisce un conflitto non del tutto risolto tra la volontà di evocare un mondo quasi realistico (con gesti come quello di aprire un forno, di spogliare il partner, o di leggere una lettera) e una partitura di movimenti astratti e ginnici che, come in un balletto, pare eseguita ed interpretata più che vissuta.
Un più profondo impatto ha suscitato, la stessa sera, la creazione di Simona Bucci, allieva di Alwin Nikolais e di Carolyn Carlson e voce premiata del teatro danza contemporaneo. Un dipinto di Angelo Morbelli, Il Natale dei Rimasti (1903), ha fornito la suggestione per lo spettacolo: alcuni uomini, ricoverati al Pio Albergo Trivulzio, aspettano qualcuno che non verrà a trovarli nemmeno nel giorno della festività per eccellenza. La Bucci dichiara il legame con l’opera figurativa nel titolo (I rimasti), nelle note di regia, e soprattutto nelle luci dalla chiara impronta pittorica: cinque uomini aspettano seduti, mentre un diffuso chiarore, entrando da una finestra alla loro sinistra, marca espressioni, volti e silenzi. Le panche livide su cui gli interpreti siedono, infagottati in pesanti cappotti, evocano l’immagine di una mensa o di una chiesa e presto diverranno i mattoni per le narrazioni dei ‘rimasti’. Sotto gli occhi dello spettatore si alternano una dopo l’altra immagini polverose e oniriche, che sembrano prendere vita dai ricordi e dall’inconscio degli uomini richiamando guerre, infanzia, paure. Solidarietà e rivalità si intrecciano in relazioni corporee fino all’amaro finale, in cui uno dei cinque uomini viene ucciso in un atto di violenza collettiva e poi riportato in vita, solo per qualche istante, da una danza a due con il pentito carnefice. Colpisce e convince l’abilità della coreografa nel creare quadri di forte impatto mai esornativi e nel costruire una narrazione chiara e fruibile senza cedere al didascalico. Volentieri si passa sopra a qualche lungaggine e qualche momento di autocompiacimento di fronte a una mano decisa e a una messa in scena ricca di idee e di suggestioni.
Le prossime fasi del festival permetteranno ai giovani autori italiani di mettersi a confronto con un’importante realtà internazionale: a fine Novembre si esibirà la compagnia Gelabert/Azzopardi, per molti anni in residenza stabile al Lliure di Barcellona. Da non perdere.

Maddalena Giovannelli