Cosa ha significato il lockdown per la danza? Quali sono le problematicità emerse? Come si può riorganizzare il mondo coreutico in senso digitale?
Queste sono solo alcune delle domande alle quali hanno cercato di dare una risposta i coreografi, i direttori artistici e i video maker, che hanno partecipato all’incontro virtuale di MIOL Digital, coordinato da Francesca Pedroni e intitolato “Dimensione digitale”. Molti sono i contributi video realizzati durante il lockdown dai danzatori; molte le idee, a volte discordanti e a volte simili, sulla strada digitale che la danza potrebbe percorrere. Su una cosa tutti concordano: lo spettacolo dal vivo rimane la componente principale, e non bisogna dimenticarsene. Nonostante ciò, è necessario adattarsi ai tempi e il mondo del digitale può rappresentare una grande risorsa. A diventare spunti concreti per la discussione sono allora alcuni esperimenti recenti che vengono analizzati e passati in rassegna. Si comincia con la Monteverdi Exhibition realizzata dai danzatori di DanceHauspiù con il contributo di Salvatore Lazzaro e che descrive l’amore per la danza e la sofferenza che deriva dall’esserne privati, attraverso un utilizzo inedito della casa e degli spazi privati. Anche Lo spettacolo più bello del mondo, nato da un workshop online di Marco D’Agostin e Jacopo Jenna, rappresenta un esempio interessante: è l’insieme di tanti video girati da danzatori e artisti molto diversi tra di loro. In questo caso lo scopo del progetto, realizzato all’inizio della “fase due”, è quello di ricreare un’atmosfera di comunità e reinterpretare il concetto di produzione teatrale. Human signs di Stefania Ballone e Yuval Avital invece ha riunito 177 artisti di 46 paesi diversi: l’obiettivo di questo progetto ambizioso è quello di «rappresentare la parte più oscura del lockdown, per testimoniare un momento di difficoltà e incertezza e allo stesso tempo creare un monologo con la situazione attuale». Questi progetti e molti altri segnalati durante l’incontro mettono in luce un aspetto fondamentale: durante la pandemia sono nati nuove pratiche e nuovi linguaggi e il mondo della danza sta esplorando le frontiere del digitale per continuare a esprimersi e a comunicare con il pubblico Una missione che sembra riecheggiare il motto del festival: e la danza continua…anche in digitale!

Alice Rapalli


Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview