I quattro lati del palco della sala Fassbinder sono affollati di pubblico mentre i performer della compagnia Cocoondance giacciono distesi a terra con il volto coperto. Il messaggio è chiaro fin da subito: condivideremo lo stesso spazio scenico, una stanza illuminata da luci basse e soffuse, dove una sorta di “vedo-non vedo” fa lavorare l’immaginazione di noi spettatori. “Cosa aspettano a iniziare?”, ci si domanda un po’ imbarazzati nonostante la musica dal vivo di un DJ ci trasporti subito in un’atmosfera intima da club. Finalmente la scena si anima: ma quelli dei performer sono ancora movimenti incerti ed esitanti. Sulle prime ricordano l’onda di contrazione tipica delle larve e poi, in un rapido balzo evolutivo, eccoli già saltellare come insetti a quattro zampe. Lo sguardo del pubblico tradisce timore e allo stesso tempo attrazione per ciò che accade nella penombra di quell’atmosfera underground. Sentimenti di smarrimento e preoccupazione sono intervallati da un sorriso di chi pensa di aver capito qualcosa quando in realtà tutta la performance è un continuo smentire i tentativi di comprensione di chi guarda. Gli stessi movimenti di break dance, krumping e parkour a cui ora si dedicano i performer sono decostruiti sul nascere: diventano convulsioni e scatti fino a ridursi a un banale movimento ritmico della testa, abbandonata avanti e poi indietro. L’importante, sembrano dirci i danzatori, non sono i passi studiati o il senso dato ad essi, ma solo un bisogno di liberazione del corpo. I tre performer sono completamente assorti nel momentum, come recita il titolo dello spettacolo, e il loro istinto si incarna in una coreografia impulsiva, erotica e animale che non lascia un attimo di respiro. Anche il rapporto con lo spettatore si fa progressivamente più stretto e incalzante, in particolare quando i performer tolgono la maschera: i loro sguardi ipnotizzano il pubblico che è chiamato a partecipare e comincia a tenere il ritmo della musica con gambe e piedi. Da qui alla fine dello spettacolo, quando il palco sarà imbevuto del sudore dei performer, l’entusiasmo continuerà a crescere: un giovane spettatore applaude in maniera scomposta, alcune ragazze sui vent’anni ridono tra loro elettrizzate, qualcuno urla “bravi!”. Eppure questa eco di ‘dionisiaco nietzschiano’ non sortisce su tutti lo stesso effetto: buona parte degli astanti ne sembra impaurita, tanto da non rendere del tutto fluida la collaborazione suggerita tra perfomer e spettatore. Lo sconvolgimento evolutivo prevede sempre dei caduti.
Giulia Villa
Momentum
di Cocoondance
coreografia e regia Rafaële Giovanola
interpreti Werner Nigg, Álvaro Esteban, András Déri
musica Franco Mento
luci e scene Marc Brodeur
workshop di parkour Frédéric Voeffray
assistente alla coreografia Fa-Hsuan Chen
drammaturgia Rainald Endraß
organizzazione Mechtild Tellmann
coproduzione Theater im Ballsaal Bonn, Malévoz Quartier Culturel, Théâtre du Crochetan Monthey (CH).
Questo contenuto è parte del’osservatorio critico MilanOltreView