di e con Cristiana Morganti
visto al Teatro Elfo Puccini di Milano _ 11-13 febbraio 2011
A Milano, Pina Bausch mancava. Su questo non restano dubbi, anche per chi si chiede perché sia stata presa d’assalto la conferenza-spettacolo di una danzatrice il cui nome era ignoto ai più fino a qualche settimana fa. Moving with Pina di Cristiana Morganti, da 18 anni ballerina del Tanztheater Wuppertal, è un vero e proprio viaggio nel mondo di Pina Bausch. Forse per questo, alle porte del Teatro Elfo Puccini, si è accalcata, per i tre giorni di replica, una piccola folla ansiosa di addentrarsi almeno un poco nel teatro della grande coreografa, di comprendere la sua personalità e il suo approccio al lavoro e di carpire qualche indiscrezione su cosa voglia dire oggi per la sua compagnia lavorare senza la sua presenza e su quale sarà il suo futuro.
Pina non aveva cinque sensi, racconta Cristiana, ma molti di più. Era capace di interrompere la prova aperta di uno spettacolo a Parigi, con centinaia di spettatori in sala, prima ancora che si accendessero le luci, per aver intuito dal rumore dei passi dei danzatori che entravano in scena che sarebbe stato un disastro.
Si accorgeva di ogni dettaglio dello spettacolo, misurando il livello di concentrazione dei ballerini, la loro distrazione o ogni minima modifica dei loro movimenti anche qualora avessero ruoli marginali. Così, se uno spettacolo durava tre ore, le sue critiche ai danzatori la mattina successiva potevano durare il doppio. Attenta e austera, la sua riservatezza era in grado di aprirsi a ore di conversazione a tarda notte, per richiudersi nel silenzio alla luce del giorno. Sono questi alcuni dei racconti rubati all’ironica e fluente conferenza danzata della Morganti, “Cristianuccia” come la chiamava Pina quando c’era qualcosa che non andava. Ad esempio, per richiamarla a Wuppertal con una telefonata nel mezzo di una vacanza a Parigi, per farla danzare a poche ore dall’atterraggio in un “solo” che lei non aveva mai fatto.
I racconti si alternano alle dimostrazioni di lavoro. Esempi danzati del metodo delle domande usato dalla coreografa, nel quale i danzatori rispondevano con una “frase” di movimento alle sue richieste: “un piccolo gesto per un grande dolore”, “una spirale col corpo nello spazio”, “scrivi il tuo nome col corpo o con una parte”, “uno strumento musicale”, “un movimento in un respiro”, “una parte del tuo corpo che non ti piace”, “la domenica a Wuppertal”, sono solo alcuni degli spunti per le improvvisazioni dei ballerini e per la creazione di un corpus di frasi che montate andavano a costruire la partitura degli spettacoli. La Morganti mostra così la costruzione di un assolo di Agua, per poi raccontare come una frase possa trasformarsi in tutt’altro se interpretata e messa in relazione con un soggetto esterno e se unita all’emozione del movimento. Da Agua si passa così a Le Sacre du Printemps, a Kontakthof, Danzòn, e ai numerosi spettacoli del repertorio bauschano di cui la Morganti è stata protagonista. Chiedendo scusa a Pina, perché questi pezzi non sono stati creati per essere mostrati nel contesto di una conferenza danzata ma in un lavoro corale. Eppure grandi sono la gratitudine e il trasporto del pubblico milanese che ha avuto la fortuna (o la prudenza) di aggiudicarsi per tempo un biglietto all’Elfo Puccini. Soprattutto quello più giovane, che suo malgrado è alla sua prima conoscenza diretta col Tanztheater Wuppertal, assetato di tutto quanto la compagnia possa offrire, fin tanto che l’eredità lasciata dalla coreografa è ancora vivida.
È tangibile la paura di avere davanti agli occhi un grosso patrimonio a rischio di estinzione. Negli appuntamenti organizzati dal Comune di Milano in occasione del ritorno della compagnia, non sono mancate le domande sul futuro, ma non solo dalla parte del pubblico. “Abbiamo sempre pensato che la compagnia senza Pina non sarebbe mai potuta esistere. La capacità di portare avanti in modo così energico e con una qualità così elevata un vasto repertorio di spettacoli è per noi un miracolo, la più grande lezione che ci ha lasciato”, ha affermato in un incontro pubblico tenutosi al teatro Studio, nel tentativo impossibile di dare una risposta alle domande poste da Leonetta Bentivoglio, Dominique Mercy, che insieme a Robert Sturm ricopre il ruolo di direttore artistico della compagnia. “È una discussione prematura quella sul futuro, ed è presto per sapere se si potranno creare nuove coreografie”, afferma anche Peter Pabst, parte integrante del Tanztheater dal 1980 come scenografo (per quanto la definizione di un unico ruolo sia nel suo caso quanto mai riduttiva). Al momento la priorità sembra essere quella di recuperare il vasto repertorio bauschano – 44 pezzi creati nell’arco di 35 anni in grado di raccontare un ricchissimo percorso artistico con linguaggi diversi – portandolo alla conoscenza anche dei più giovani che non hanno avuto modo di seguire i primi anni della carriera della coreografa, e di mantenerlo un corpus vivo. “Non si può utilizzare il termine museo come fosse sinonimo di morte: i quadri di Picasso continuano ad avere valore d’arte anche se il loro creatore non esiste più”, continua Pabst.
Il repertorio del Tanztheater Wuppertal sembra effettivamente non poter stancare né esaurirsi in una sola replica. Per Pabst, il segreto sta prima di tutto nella generosità con cui Pina costruiva gli spettacoli: “metteva dieci idee sul palco e non una: così il pubblico può vedervi quello che vuole e costruire un suo personale montaggio” racconta, ricordando occasioni in cui dopo numerosissime repliche egli stesso si accorgeva di passaggi mai notati prima. “Abbiamo perso gli occhi di Pina ma abbiamo imparato qualcosa dal suo modo di guardare e dobbiamo saperlo dimostrare” afferma Pabst. Aspettando, forse, un tempo che consentirà anche di fare nuove audizioni e di costruire nuovi progetti: “ci vuole pazienza, il lutto è ancora troppo vicino”. E insieme alla compagnia dovrà avere pazienza il pubblico milanese, in vista di un già attesissimo ritorno, annunciato dall’assessorato alla cultura per il giugno 2015 in un inedito Festival Bausch in occasione dell’Expo 2015. Per chi ha seguito con avidità gli appuntamenti di questo febbraio, l’attesa non può che sembrare già troppo lunga.
Francesca Serrazanetti