Regia di Alessandro Garzella
Produzione a cura della Fondazione Emilia Bosis
visto al Teatro Stalla_8 novembre 2014
Marco Cavallo è stato il simbolo di una rivoluzione. Nel 1973 l’opera, una macchina teatrale costruita nel corso di un laboratorio d’arte nell’ospedale psichiatrico di Trieste, uscì per le strade guidata da Franco Basaglia e dal suo corteo di matti, abbattendo per la prima volta (e in un certo senso per sempre) le mura dei manicomi italiani.
Torna alla memoria questa immagine giunti al Teatro Stalla della Cascina Germoglio, centro di riabilitazione psichiatrica (creato dalla Fondazione Emilia Bosis) a Verdello, un piccolo paese non lontano da Bergamo. Qui i cavalli, come i tantissimi altri animali, sono in carne e ossa e sono in scena insieme agli ospiti della comunità. Sulla grande superficie di sabbia, che costituisce il palcoscenico di questo particolare spazio teatrale, va in scena Nel segno di Caino. Una storia cosmogonica che, traendo spunto da episodi biblici (ma anche da altre tradizioni), racconta la nascita del mondo intesa come percorso di mutazione e formazione, alla ricerca della propria identità.
Lo spettacolo è stato pazientemente ideato e costruito nei dettagli dal regista Alessandro Garzella (Animali Celesti/Teatro d’arte civile) che guida in scena non solo gli animali e i degenti del centro, ma anche quattro attrici professioniste (Giulia Benetti, Francesca Mainetti, Chiara Pistoia, Anna Teotti), gli addestratori e due operatrici che lavorano ogni giorno a fianco dei malati.
I membri di questa bizzarra ma affiatatissima compagnia si alternano di continuo nello spazio scenico sotto la guida attenta del regista e delle attrici, portando così alla luce un percorso di grande disciplina e rigore. Tutti i componenti, animali compresi, partecipano alla costruzione di suggestivi quadri e – nonostante in alcuni momenti gli stimoli visivi e musicali si facciano sovrabbondanti – lo spettacolo riesce a trasformarsi in un affascinante circo dark dall’estetica coerente.
Il testo rivela poi un lavoro di tessitura drammaturgica profondo, che tocca da vicino e senza paura la storia dei malati. Il pubblico si trova così a far parte di un mondo senza tempo in cui bestie, uomini e stranezze vivono insieme, giocando ad affrontare le eterne domande dell’uomo; ed è bello vedere la sala piena degli abitanti della piccola cittadina.
Alessandro Garzella, coadiuvato dal direttore del centro di Pier Giacomo Lucchini, ha del resto un fine artistico, non tanto e non solo terapeutico: ed è difficile non pensare al cavallo di legno e cartapesta di Basaglia che viaggiò per il mondo ispirando poesia, arti figurative e spettacoli teatrali.
Camilla Lietti