«Tutti sanno che un clown dev’essere malinconico per essere un buon clown, ma che per lui la malinconia sia una faccenda seria da morire, fin lì non arrivano», scrive Heinrich Böll in Opinioni di un clown, testo ispiratore della messinscena di Giovanni Onorato, Suck my Iperuranio. Come Hans, il protagonista del romanzo, anche il Giovanni personaggio è un comico infelice e ha perso il suo amore, Maria. Ed è proprio con questi presupposti, e dalla compresenza di una doppia linea comica e malinconica, che nasce il monologo di Onorato. Il genere della stand-up comedy è ibridato dalla carica nostalgica e introspettiva del racconto, di cui rimane un format o meglio una cornice, all’interno della quale leggere le vicende umane e la storia recente del comedian. L’equilibrio sottile tra leggerezza e analisi psicologica, tra ripiegamento interiore e dispiegamento scherzoso, è la chiave cercata dallo spettacolo, che seduce il pubblico, complici i tratti autoironici e disinvoltamente esistenziali svelati dal monologo. 

L’attore si presenta in una versione intima e discinta: camicia, boxer, calze lunghe e bucate, come se fosse appena stato destato dal sonno dell’incoscienza e portato sulla scena a raccontare il suo aggrovigliato iperuranio. Motore dell’azione è la dolorosa fine di una storia d’amore, narrata con un vertiginoso intreccio che accosta frammenti della vicenda amorosa a episodi d’infanzia, da cui si scorgono le prime manifestazioni di un’impreparazione alla vita. Tra le pieghe della disperazione, la risata è generata dai tratti maldestri del comedian e dai sintomi della nevrosi d’amore, dall’ossessiva ricerca delle mani della donna, dall’instancabile procrastinazione degli impegni, dall’andamento frenetico con cui il protagonista si muove in uno spazio scenico chiuso e vuoto, cercando una via d’uscita che non esiste.

Così impacciato, incapace e quasi infantile, Giovanni conquista l’approvazione emotiva degli spettatori, che si lasciano intenerire dalla smania di un amante deluso, intento a farsi domande sull’eternità dell’amore.
Sul finale, il comico si veste e si copre, si siede sulla poltrona e si acquieta, torna a sentire la voce di Maria al telefono e una chiacchiera di circostanza subentra alla speculazione: che parta la canzone di coda e i massimi sistemi del suo iperuranio vadano al diavolo… suck my iperuranio!

Federico Demitry, Lucia Lomazzo


in copertina: foto ufficio stampa

SUCK MY IPERURANIO
di e con Giovanni Onorato
con la collaborazione di Margherita Franceschi
aiuto drammaturgia Teodora Grano
musiche di Adriano Mainolfi
consulenza disegno luci Martin Emanuel Palma
realizzato con il sostegno di Teatro Studio Uno e Carrozzerie n.o.t

Contenuto scritto nell’ambito dell’osservatorio critico di FringeMI 2023