Silenzio, un cuore che batte, il suono della carne sulla carne: un uomo ben vestito colpisce il proprio petto con la mano. È un gesto ripetitivo, semplice, immediato, che il pubblico riconosce. È un ritmo incessante, quello stesso che scandisce i tempi della nostra esistenza. Forse è il ritmo stesso della vita, che da essenziale, quasi monotono, si arricchisce via via di altri suoni. Ecco allora che ai piedi dell’uomo, ora c’è un altro performer che, alternando abbandono al suolo e ricerca della verticalità, crea una nuova partitura sonora imprevedibile. Poi, d’improvviso da una fonte di luce “caravaggesca” che lascia immaginare un altrove onirico, emergono figure di uomini che camminano decisi. Ma avanzano per poco: immediatamente vengono infatti afferrati da altri uomini che li riportano indietro, per scomparire nuovamente nel fascio di luce che li ha generati. La musica del compositore serbo Goran Bregovic interrompe il flusso di pensieri, mentre il pubblico è attraversato da nuove suggestioni e da immagini di culture diverse. I danzatori entrano in scena, si lanciano sul linoleum nero, si rialzano immediatamente, ricadono a terra. La massa dei loro corpi allenati muove lo spazio e travolge il pubblico in un vortice di acrobazie che ricordano le arti marziali. Sono corpi che sfidano le leggi della fisica in una lotta contro la gravità che non vede né vinti né vincitori: negata nei salti eccezionali e assecondata nelle cadute pesanti. L’apparente vuoto che si crea tra i corpi e il suolo vibra ed è denso, riempito dalla tensione tra le due forze. Ora sul palco – che potrebbe benissimo essere anche uno spazio metropolitano urbano – i performer sembrano businessmen che sfilano in riga davanti agli occhi del pubblico mostrando tutta la loro affettata formalità. Di lì a poco però cambieranno radicalmente di segno e, tradendo ogni convenzione, inizieranno a sudare, a sporcarsi per poi in un ultimo gesto di ribellione, liberarsi di quegli abiti che li costringono ai precetti sociali. Eccoli finalmente trasformati in un’esplosione di energia, mentre celebrano il proprio cambiamento con una danza tribale capace di riconnetterli alla terra, elemento ritrovato da cui attingere la forza  dei propri muscoli. Ora il loro è un gioco di resistenza gioioso, fatto per stancare i corpi ed estenuarli, così da scrostare gli ultimi rimasugli di apparenza, e raggiungere attraverso una fisicità pura, la propria più profonda e agognata autenticità.

Chiara Di Guardo


No Comment

coreografia Chang-ho Shin
interpreti Won-ho Jang, Sung-hyun Kim, Hyuk Kang, Na-ra Yoon, Jeong-min Lee, Geon Jung, Ji-ho Jang, Seung-wook Song, Ha-neul Jung, Hyun-woo Bae
luci Jung-hwa Kim

Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView