di Rodrigo García
regia di Lorenzo Loris
visto all’Out Off di Milano_ 5- 31 maggio 2015

È il 1994 quando il regista argentino Rodrigo García scrive una critica graffiante al consumismo globalizzato. Nel frattempo molto è cambiato, è scoppiata la crisi e oggi a Milano ci si interroga sulle nuove modalità per “Nutrire il Pianeta”, evitando sprechi e sperequazioni.
Dopo undici anni Lorenzo Loris ritorna sul testo e lo rilegge in una chiave che forse stempera certi estremismi della provocazione tipici di García. In scena tre monadi, tre maschere anonime che potrebbero rappresentare ognuno di noi. Per compensare il vuoto che li opprime, i personaggi lo riempiono di cose, cibi e parole. La narrazione appare volutamente frammentaria e sconnessa; talvolta i discorsi si incrociano in un labile contatto logico, ma per lo più siamo travolti da un’irrefrenabile bulimia verbale che nega ogni vera comunicazione ed è specchio della nostra epoca di eccessi e di solitudini. In questo mondo desolato infatti i rapporti sono consumati, masticati, maciullati.

Il filo rosso è naturalmente il cibo, che scandisce la vita e i comportamenti sociali (ciò che è buono mangiare e buono fare): la colazione genuina del bambino, la cena romantica in un ristorante elegante, il buffet, la torta nuziale, il pasto in aeroplano. I personaggi però sconvolgono schemi e convenzioni, in un diluvio di parole che oscilla tra castelli di immaginazione surreale e la realtà più materica e carnale. Non solo perché sullo sfondo corrono proiezioni di carcasse di animali sventrati al macello o perché gli attori in scena affilano coltelli e affettano verdure vere, ma soprattutto perché i personaggi, spaventati dall’idea di “annegare nella vita”, sembrano cercare un ancoraggio alla materia, dando vita a monologhi tragicomici folli e irresistibili.

Forse si sarebbe potuto dare maggiore risalto a inserti citazionali interessanti e inattesi: García infatti mette in bocca ai suoi personaggi frammenti tratti dal Codex Romanoff, appunti culinari scritti probabilmente da Leonardo da Vinci durante la sua permanenza alla corte degli Sforza di Milano, dove fu anche Gran Maestro di feste e banchetti. Il manoscritto (non c’è accordo sull’autenticità) riporta ricette, indicazioni semiserie su cibi, pietanze, galateo da tavola. Quando in Note di cucina i cuochi improvvisati (parodia di tanti chef televisivi) declamano la ricetta dei testicoli di agnello con miele e panna o i consigli culinari per appestati, il pubblico ride, forse inconsapevole di ascoltare le parole dell’eclettico Genio, un cortocircuito fra costume gastronomico rinascimentale e critica surreale del XXI secolo.
Lo spettacolo si conclude attorno a una tavola con la riproduzione della Gioconda: un banchetto con Leonardo in dissacrante salsa argentina, ma al tempo stesso un monito in tonalità grottesche, surreali e a tratti disperanti, a imbandire più spesso i nostri piatti di vera Bellezza.

Gilda Tentorio