Osservatorio Màntica
30 novembre-8 dicembre 2015 _ Teatro Comandini di Cesena

Confrontarsi con Osservatorio Màntica, curato da Chiara Guidi, significa entrare in contatto con una molteplicità di forme artistiche che esige, prima di tutto, ascolto. O forse no, meglio ancora, richiede che l’ascolto si metta al servizio di ciò che alla vista sfugge: l’invisibile. D’altro canto l’etimologia di Màntica rimanda proprio all’arte della divinazione di fenomeni naturali e artificiali, l’arte di saper leggere e di tracciare i fili che uniscono, per analogia, le cose. Il soffio vitale sprigionato dalla programmazione di Màntica, osservatorio artistico diversificato per proposte creative e per incontri tematici, fra teatro, danza e cinema documentario, pare scaturire da una vertiginosa forza di gravità che spinge giù fino all’abisso, nella voragine della materia. E l’occhio, secondo Chiara Guidi, è lì che deve cadere, in una “gola”, che, nelle giornate di osservatorio, ha assunto forme differenti, tutte unite da un diverso e metaforico moto di caduta dello sguardo.

Fin da principio si resta inevitabilmente colpiti da un programma che si allontana dalla natura propria del festival, ideato non “per una vetrina altrui”, ma per tendere un po’ più in là, verso il confine, verso il limen di un possibile stato zero che ripensa l’arte del teatro: una fucina artistica che nasce, contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare, dalla pratica, da “una fame del fare”, così nelle parole di Chiara Guidi.
Spettacoli, documentari, incontri internazionali e musica: queste le principali proposte dell’osservatorio per rispondere ad una forma che deve necessariamente restare aperta, non spiegata. Così il mitologico e proverbiale filo di Arianna viene posto nelle mani dello spettatore: a ciascuno il compito di tenderlo, comporlo, di perderlo o di lasciarlo semplicemente sospeso per coglierne luci e ombre, connessioni e divergenze, domande e risposte. Perché Osservatorio Màntica vuole avvicinare chi pratica l’arte del teatro a chi normalmente lo osserva, il pubblico, creando impulsi e spazi che, inevitabilmente, separano, potendosi unire nuovamente solo nell’atto del vedere e dell’ascoltare.

Se come tema centrale dell’osservatorio figura la voragine, intesa come l’abisso che apre le porte allo sconosciuto, non si può non restare colpiti dalla figura di Ewa Klonowski. Antropologa forense, in occasione dell’incontro Scendere: tecniche e intuizioni?.   ha raccontato al pubblico, in dialogo con Alessandro Scotti, la sua esperienza come antropologa a Sarajevo, in Bosnia, nella riesumazione dei corpi delle vittime della guerra negli anni Novanta e delle stragi di Srebrenica. “Io ho il talento per le ossa” afferma con sicurezza disarmante. Una consapevolezza che, secondo Chiara Guidi, vuol dire “mettere a fuoco la capacità di sapere leggere una forma”. Così Gola, ultimo lavoro della Guidi andato in scena al Teatro Comandini (leggi la recensione), ha trovato nella Klonowski la “colla, il fiume, il punto di congiunzione”. Ewa è la doula contemporanea, colei che si mette al servizio di un’altra donna, colei che, con un filo sottile di voce riporta in superficie gli abissi per lasciarne i frammenti, in quella che diventa arte dell’oralità di un non visibile.

Osservatorio Màntica si è costruito anche per incontri casuali, come quello fatto da Chiara Guidi l’estate scorsa in Sicilia con i pupi siciliani di Franco Cuticchio, che ha portato in scena Assedio a Parigi, offrendo la possibilità di alleggerire lo sguardo, ammaliati da una tradizione orale che non smette di creare connessioni con il presente. E così, il film documentario Blokada di Sergei Loznitsa, oltre ad aprire lo sguardo a un’alterità di linguaggi, ha indagato il senso della memoria e della testimonianza storica, trasformando i materiali d’archivio in un lavoro “inglobante”, una specie di “non-luogo”, così come lo definisce l’autore, in cui lo spettatore deve trovare la soluzione visiva e interpretativa alle immagini. Il vuoto, il punto di non ritorno, il buco nero ha interrogato anche il corpo, nelle sue vesti di punto di contatto con l’abisso, attraverso i lavori della coreografa Adriana Borriello: il primo Rosario, una performance a conclusione di un’attività laboratoriale condotta dall’artista con alcuni giovani, ha accennato quali possano essere le possibilità nelle relazioni di individualità e collettività del corpo, concentrandosi sul suono, sfogato fino agli estremi, con un tocco reso nella sua più silenziosa e millimetrica percezione. Il secondo, Col corpo capisco, ha fatto del corpo la lente d’ingrandimento attraverso cui sentire (leggi la recensione)

È una zona di ombre quella tracciata dall’osservatorio in cui l’occhio dell’artista si inserisce spesso per interrogare e perché ancor prima di osservare, suggerisce la Guidi, “si deve dimenticare quel che si vede per poterlo ferire, per lasciare che quella cosa mandi fuori una voce”. L’oltre tracciato nell’edizione di quest’anno pare essere allora l’ascolto di quella forma, proprio laddove non c’è, perché “ascoltandola, possa trasformarsi e venirti incontro senza essere una forma che colonizza”. Lo sguardo dello spettatore, abituato a vedere e a dover spiegare tutto, deve allora fare un passo indietro, deve riacquistare un po’ l’intelligenza curiosa di un bambino “di fronte al quale non puoi fare il buffone”.
Cambiare la prospettiva, il punto di vista, che mai deve essere statico e immobile, diventa una necessità. Perdersi è allora un atto di coraggio, così come l’evaporare in visioni che vanno trattenute solo per un’osservazione analogica per cercare il non visto e il non conosciuto. “Perché sono io e perché non sei tu? Perché sono qui e perché non sono lì? Quando è iniziato il tempo e dove finisce lo spazio?” recitano le parole di Peter Handke. Osservatorio Màntica si arresta intelligentemente lì, attorno alla possibilità e alla strenua forza della non risposta.

Carmen Pedullà