Foto di Luca Del Pia, testi di Piersandra Di Matteo, Tihana Maravić, Adele Cacciagrano, Lucia Amara. // Milano, Boiler Books ( feat. Uovo, Fondazione fotografia, Fondazione Cassa di risparmio di Modena, Associazione Iolanda Gazzero), 2011, pp. 190, ill. ISBN 9788896677162.

Nella ricerca teatrale contemporanea in Italia è emersa con forza una corrente legata alle arti performative e al linguaggio espressivo del corpo. Rimanendo al di fuori dei confini propri del teatro di parola e invadendo piuttosto il campo della danza, lo studio dell’immagine e il lavoro sul movimento, in relazione con lo spazio e il suono, diventano gli elementi in grado di restituire allo sguardo dello spettatore la forza della visione, che si fa portatrice di significato mettendo in discussione la più usuale concezione di drammaturgia. La costruzione di quadri visivi dal forte impatto diviene così la cifra distintiva di un settore del teatro contemporaneo che fa uso di grafie diverse da quella della narrazione, di un linguaggio pacato e introspettivo, che gioca sul delicato equilibrio tra corpo e percezione assumendo forme talvolta criptiche, di certo non immediate nel loro significato ma in grado di trascendere una razionale ricerca di senso.

In questo ambito si collocano le ricerche dei performers selezionati per il progetto Overground, nato nel 2009 dalla collaborazione tra il fotografo Luca Del Pia e quattro studiose di teatro contemporaneo e performing arts – Lucia Amara, Adele Cacciagrano, Piersandra di Matteo e Tihana Maravić – e culminato nella pubblicazione dell’omonimo libro edito da Boiler nel 2011. Il progetto ha poi preso le forme di una mostra e di una serie di azioni teorico/ performative, ospitate lo scorso ottobre presso l’ex ospedale Sant’Agostino di Modena nell’ambito della settima edizione di Vie – Scena contemporanea Festival. Sono dieci i performers, singoli artisti o formazioni collettive, che hanno preso parte al progetto: Barokthegreat, Pathosformel, Masque Teatro, MK, Silvia Costa, Ortographe, Annika Pannitto, Helen Cerina, Francesca Proia e Cristina Rizzo.

Se la performance in quanto tale avviene in virtù della sua relazione con un dato tempo e un dato spazio, astrarre le coordinate spazio-temporali e portare l’azione al di fuori del quadro scenico genera di per sé un’ulteriore opera performativa e nuove creazioni di senso. Ed è questa l’intuizione di Overground, il filo tematico che tiene insieme il progetto. Ognuno dei dieci performers si racconta attraverso l’obiettivo di Luca Del Pia, che li ha condotti ciascuno in un particolare luogo, trasferendo le loro azioni dalla scatola teatrale al paesaggio. Fulcro e cuore del progetto sono dunque gli scatti fotografici dei dieci luoghi/soggetti/azioni, che si intrecciano nel libro in ordine intenzionalmente sparso. Rifiutando ogni consequenzialità lineare, l’abbinamento tra le immagini sembra essere guidato più da scelte cromatiche, geometriche e di posa guidate dalla percezione, che non da un vero e proprio filo narrativo.

Quasi a rispecchiare l’assenza di una drammaturgia convenzionale nei lavori dei protagonisti, le scene si alternano e ritornano, creando degli itinerari autonomi e diversamente decifrabili tra gli artisti e i luoghi a essi abbinati. I paesaggi che accolgono gesti e corpi sono ambienti naturali in cui è quasi sempre percepibile il passaggio dell’uomo, sottolineato da rami spezzati, alberi tagliati, grotte e cavedii scavati nella roccia, strade, campetti da calcio o orti coltivati. In questi contesti è forte il dialogo tra i corpi umani dei performers e i corpi estranei, elementi naturali o meno. Se Helen Cerina dialoga con lo spazio attraverso una scatola di cartone, nella quale si nasconde e dalla quale esce per essere assorbita dal paesaggio residuale di Livorno Ferraris, in altri casi il rapporto uomo-natura è privo di qualunque filtro: così è per l’acqua avvolge i movimenti del duo Ortographe, o per la roccia incornicia la coppia Pathosformel e fa da rifugio-sfondo al corpo nudo di Eleonora Sedioli.

A introdurre la sezione delle fotografie sono i testi delle quattro studiose che con Del Pia hanno condiviso il progetto, e che in queste pagine si interrogano sui concetti chiave di déplacement, luogo, sguardo, paesaggio, corpo, movimento. Facendo ricorso alla sovrapposizione di linguaggi differenti – la performance, la fotografia e la scrittura critico-teorica – Overground indaga in modo del tutto originale il concetto di rappresentazione e di rapporto tra corpo, gesto e spazio. Dalle pagine del libro che raccoglie questo progetto – di riflessione e ricerca prima ancora che editoriale – emerge in modo chiaro come, in un momento in cui sempre più i confini tra le discipline si fanno labili e le forme artistiche si sovrappongono, accade forse come diretta conseguenza che lo spazio della rappresentazione assuma caratteristiche non riconducibili a tipi comuni e convenzionali. Uscendo alla luce del sole al di fuori dei riflettori, in un rapporto stretto e intimo con il paesaggio, il gesto performativo acquisisce nuove coperture di senso, senza rinunciare alla caratterizzazione del tutto intima e personale del proprio linguaggio poetico.

Francesca Serrazanetti