Nel cuore del Parco Trotter rimbombano gli schiamazzi di bambini in una piscina senza schizzi. Le colonnine che la circondano e il pavimento azzurro fanno volare l’immaginazione verso un passato scomparso, forse mai conosciuto. Nuovo e vecchio si stringono la mano in un clima da film di Sorrentino. Un urlo trascina subito alla realtà: “Si arriva a trentuno, palla al tiro!”. Il bagnino non c’è più, ora vale tutto.


 

Quatto quatto, mimetizzato tra le case, un edificio anomalo è appollaiato in viale Monza, annerito come lo spazzacamino di Mary Poppins. Cupo e fuori luogo, traccia viva dell’espansione inarrestabile della metropoli che ha nel tempo inglobato nel suo corpo i paesi limitrofi. Il Castello di Pietra, sogno di un sindaco di paese che non ha mai smesso di giocare ai cavalieri, partecipa al gioco di colori e varietà del quartiere, ricordandoci che a tener lo sguardo in alto, c’è sempre qualcosa da scoprire.


 

L’Ottocento ha fatto della ferrovia il simbolo indiscusso del progresso tecnologico e sociale. Creati dalle matite di visionari architetti, forgiati dall’ingegneristica capacità di ammaestrare i più indomiti materiali, questi iconici nodi del tessuto urbano e centri strategici di interconnessioni paiono desolati non-luoghi. Attraversati e mai vissuti. Il graffitismo è stato il primo fenomeno sociale a sperimentare in questi spazi la ricerca di un’identità, per renderli luoghi sociali, per sfruttare il loro potenziale virale: iconici simulacri di sottoculture urbane e g-locali. È la porta di NoLo, risorto tra scali ferroviari e riconnessione urbana.

Andrea Malosio, Riccardo Serra