Contro la dittatura del nuovo

Un’ex rimessa carrozze si trasforma in una sala teatrale per ospitare pubblico e attori, un palazzo cinquecentesco diventa l’ambientazione ideale per consentire a chi lo attraversa di creare al suo interno inediti percorsi di senso, una piccola piazza pacifica nelle ore diurne si tramuta di notte in un luogo di musica e festa. Accade nel mese di luglio in occasione di Pergine Festival dove una nuova direzione artistica segna un cambio di passo: Enrico Castellani e Valeria Raimondi di Babilonia Teatri hanno cominciato la loro avventura curatoriale con la chiara e precisa volontà – così hanno dichiarato in occasione della presentazione pubblica del programma – di delineare «un’opera artistica unitaria» capace di comunicare la sua essenza in maniera chiara e diretta a chi le si avvicina. Anche solo a guardare il programma emerge chiara la scelta di non mostrare al pubblico unicamente debutti o prime assolute, di non inseguire mode o target di presunto giovanilismo: Senza età è il titolo dato a questa edizione, e l’immagine che la rappresenta è quella dell’occhio di un uomo anziano, con una traccia queer di trucco fucsia. Come a dire: il nuovo si nasconde dove non ce lo aspettiamo. Il programma è orientato, prima di tutto, da un interesse puro e appassionato: «sono spettacoli che abbiamo amato», dichiarano Enrico e Valeria quando li incontriamo una sera nella piazza centrale di Pergine. Non è importante quanto i lavori presentati siano recenti o quanto abbiano già girato per la nostra penisola, non è la ricerca della novità l’indicatore artistico da seguire per Babilonia Teatri: risulta invece più interessante offrire al pubblico l’occasione di recuperare una messinscena mai vista, oppure di assistere nuovamente al lavoro di artiste e artisti che hanno segnato, secondo modalità e linguaggi differenti, la scena contemporanea degli ultimi anni. Non è difficile leggere in controluce l’intento politico: la volontà di contrastare un sistema fagocitante, orientato costantemente verso il consumo di “prodotti” artistici, per lasciare invece spazio a lavori che hanno saputo mettere punti fermi all’interno del flusso ininterrotto della sovrapproduzione teatrale.

Pergine Festival 2023

Nel cartellone di Pergine Festival, accanto a prime assolute come Album dei Kepler-452, è dunque possibile riscoprire un piccolo gioiello come La classe di Fabiana Iacozzilli (2018) o Tropicana di Frigoproduzioni (2017), che fonda la drammaturgia proprio su una critica feroce del sistema produttivo e dei suoi effetti sui giovani artisti. Anche Con la carabina della Compagnia Licia Lanera, pur essendo più recente (2022), si inserisce con coerenza nel solco di questa scelta. Lo spettacolo, che è valso a Lanera il Premio Ubu per la miglior regia, ha avuto già una visibilità discreta; ma le scelte estetiche e le modalità produttive del lavoro finiscono, anche, per agire come un piccolo granello di sabbia negli ingranaggi del sistema.
Per proporre al pubblico nella maniera migliore il testo spietato e crudele della drammaturga francese Pauline Peyrade (À la carabine, vincitore del Premio Ubu 2022 come miglior testo straniero), Lanera ha disegnato uno spazio scenico che annulla la distanza tra palco e platea: la grande vicinanza tra interpreti e spettatori attua, attraverso i corpi, un avvicinamento prospettico verso le vite dei due personaggi, percepibile non unicamente attraverso una razionalizzazione degli eventi raccontati ma soprattutto grazie al lavoro sulla corporeità intesa come strumento veicolare di vissuto incarnato, di sentimenti esperiti.

Compagnia Licia Lanera, Con la carabina, foto Clarissa Lapolla

Il pubblico sbircia in modo quasi voyeuristico, intorno a un tavolo con una piccola ruota panoramica che gira a ritmo di un jingle natalizio, Ermelinda Nasuto che gusta un lecca-lecca, e Danilo Giuva che la osserva fingendo disinteresse. La violenza partirà da qui, e il pubblico ne sarà testimone. La prossemica palco-platea, parte integrante del disegno registico, impedisce allo spettacolo una circuitazione nelle normali sale all’italiana, e ha suggerito, nella prima parte della sua tournée (che ci auguriamo ancora molto lunga), collocazioni inedite e soluzioni coraggiose: a Bari, per esempio, un garage privato ha ospitato per un mese le repliche annunciate sui social “in un luogo segreto”. Con la carabina ha saputo dunque collocarsi all’interno delle riflessioni sempre vive sui meccanismi che governano il sistema teatrale italiano solo con la sua esistenza, con il suo tentativo di girare di città in città come un tempo avrebbe fatto una compagnia di giro – Licia Lanera si definisce non a caso “capocomica” –  nonostante le difficoltà pratiche e contrastando la logica vigente degli scambi di produzioni tra teatri. Lo spettacolo e le scelte di Pergine Festival si sono dunque incontrati in un viaggio comune: in direzione ostinata e contraria.

Alice Strazzi


Mi casa es tu casa: 35040 di Businaro /Fortin

Cos’è una prima? Da definizione si potrebbe dire che è la prima volta che uno spettacolo incontra il pubblico, la prima volta che debutta, cioè si mostra e viene sottoposto a uno sguardo. Insomma, la prima è una scommessa, sempre, per chiunque la proponga, che sia l’artista o la produzione: per questo necessita della giusta considerazione e della giusta cura. Pergine Festival e Babilonia Teatri hanno provato a fare questo: a dedicare lo spazio e il tempo giusto a un germoglio in crescita. È accaduto per il nuovo spettacolo ideato da Alessandro Businaro, che ha debuttato in prima nazionale: il titolo è 35040, ed è un’indagine sul concetto di casa, tema assai caro ai Babilonia (da ultimo sviscerato in Pietre nere, 2022). Come è cambiato il concetto di casa negli ultimi anni? Come si è trasformato dal momento in cui siamo stati costretti a chiuderci tra le sue mura, da quando cioè la casa è diventata al contempo rifugio, ufficio, scuola e luogo di vacanza? In questa metamorfosi veloce e forzata è mancato talvolta un nesso di senso: Businaro e il dramaturg Stefano Fortin ci riportano così a quel tempo in cui le stanze erano semplicemente luoghi da abitare nei momenti del giorno non dedicati alla produzione lavorativa. La drammaturgia (elaborata, significativamente, in collaborazione con diversi membri della famiglia Businaro) si sofferma sul significato dell’ingresso in quanto luogo di passaggio, di arrivo e partenza; esplora le stanze della nostra infanzia – e quelle della nostra seconda, terza, quarta casa – infine analizza come sia cambiato il concetto di spazio abitativo, o la relazione tra l’idea di casa e quella di famiglia. 

Alessandro Businaro, 35040, immagine ufficio stampa

35040, che indica un codice di avviamento postale, inizia come un gioco: ogni spettatore pesca da una ciotola un foglietto e si trova così a incarnare il ruolo di padre, madre, figlio, figlia. In base a questa selezione casuale si viene smistati in quattro stanze dove una registrazione audio narra, secondo uno schema prestabilito, il significato che le diverse parti della casa hanno per quel determinato membri della famiglia. Nel frattempo, il pubblico è invitato a scrivere su un foglio la propria personale idea di casa: l’immaginario dettato dalle voci di sconosciuti si intreccia e si sovrappone così alle intime memorie domestiche e famigliari dello spettatore. Infine, seguendo il ritmo lento del ricordo, gli spettatori si ritrovano riuniti in un’unica stanza; qui l’attore Tano Mongelli racconta la propria versione della casa, coinvolgendo progressivamente il pubblico fino a disegnare una drammaturgia collettiva. A chiudere il percorso è una canzone inventata ex novo ed eseguita a ritmo di bossa nova sulla melodia di Girl from Ipanema. Si esce dallo spettacolo con molti ricordi recuperati, sensazioni e profumi di case dimenticate, di stanze di cui non si ricordava più il perimetro e di oggetti che si vorrebbe riavere. La linea autobiografica e personalistica a tratti sembra ancora prevalere sul tentativo di arrivare a una narrazione collettiva e condivisa; nelle successive tappe del lavoro varrà la pena assestare l’equilibrio tra personale e universale, tra privato e pubblico, che già ora appare come uno degli aspetti potenzialmente più interessanti del lavoro. 35040 saprà allora trasformarsi da canzone a cantico, da gioco a rito. 

Francesca Rigato


in copertina: Alessandro Businaro, 35040, immagine ufficio stampa

CON LA CARABINA
con Danilo Giuva e Ermelinda Nasuto
regia e spazio Licia Lanera
traduzione Paolo Bellomo
luci Vincent Longuemare
sound design Francesco Curci
costumi Angela Tomasicchio
aiuto regia Nina Martorana
organizzazione Silvia Milani
produzione Compagnia Licia Lanera
in coproduzione con POLIS Teatro Festival
in collaborazione con Angelo Mai
si ringrazia E Production

35040
ideazione, progetto sonoro e visivo Alessandro Businaro
dramaturg Stefano Fortin
con Tano Mongelli
assistente alla regia Chiara Businaro
con le testimonianze di Alessandro Businaro, Chiara Businaro, Luciano Businaro e Stefania Zago