Una tempesta, si sa, porta scompiglio: ha il potere di distruggere tutto ciò che incontra sul proprio cammino. Eppure, al contempo, ha il dono di rinnovare, di costringerci ad abbandonare i punti di riferimento convenzionali per cercarne altri, nuovi e insoliti. La quarantunesima edizione di Pergine Spettacolo Aperto ha deciso di prendere ispirazione proprio dalla potente immagine di una “Perfect Storm”: una tempesta perfetta che ha dato all’intera rassegna non solo il nome, ma anche una direzione artistica.

Il festival si articola in una molteplicità di proposte creative che attraversa l’intera Pergine, cittadina incastonata tra le montagne della Valsugana a venti minuti di macchina dal capoluogo di Trento. Gli spettacoli e le iniziative artistiche si sono insediati nel tessuto urbano del centro andando ad animare luoghi significativi  – pubblici e non – della città, invitando gli spettatori a riflettere sul senso di abitare uno spazio. Dalla centralissima piazza Municipio alle Rimesse Carrozze, dalle ex Lanerie Dalsasso a piazza Fruet, passando per Palazzo Hippoliti fino alle case private dei cittadini, il pubblico ha avuto la possibilità di perdersi in un’insolita topografia urbana, dove godere, all’interno di inesplorati spazi scenici, di esperienze ludico-performative letteralmente “made at home”. Questa nuova dimensione spaziale si è imposta nel contesto locale in una duplice modalità: da un lato i ‘forestieri’ hanno avuto la possibilità di dialogare con una realtà modificata, godendo così di una fruizione alternativa, dall’altro i perginesi stessi sono stati costretti a confrontarsi con il loro contesto abituale, rivestito però di significati sconosciuti.

Numerose le proposte orientate a un profondo ripensamento degli spazi. Tra queste, la prima nazionale di Europa a Domicilio della formazione berlinese dei Rimini Protokoll: l’occasione perfetta per riflettere e discutere di Europa, direttamente nelle case private dei cittadini (qui la recensione dello spettacolo). E sempre di identità europea (anche se declinata tutta al femminile) è l’acuta riflessione di Angela Demattè in Mad in Europe; mentre Mnemo Lab di Effetto Larsen ha dato vita a un vero e proprio progetto-laboratorio che ha coinvolto gli spettatori in una riflessione tra luogo e memoria, confluendo poi nell’installazione finale dal titolo Mnemosyne. E ancora: Y – La variabile del calcio del gruppo romano Dynamis, che ha proposto un modo alternativo di concepire il gioco del calcio; The Money intrigante performance interattiva sul senso di essere benefattori, presentata dal gruppo inglese Kaleider; XY – Esperimenti di Prossimità di Manimotò, un curioso esperimento performativo sulle relazioni di genere; Macinante di Circolo Bergman, creazione site-specific incentrata sul senso della memoria di una comunità interamente nascosta in una stanza. E si potrebbe continuare con molti altri: Generazione Disagio, Andrea Fontanari, e Wurmkos/Museo Wynderkammer.

Se la riflessione rispetto al luogo come spazio di reinvenzione si è dimostrata una delle prerogative centrali di Pergine Spettacolo Aperto, non può non colpire, parallelamente, la centralità assunta dal ruolo dello spettatore, chiamato a rendersi parte attiva in molte delle dinamiche sceniche (prevalentemente ludiche) proposte dal festival. Il coinvolgimento diretto del pubblico è del resto una delle istanze caratterizzanti del teatro contemporaneo, come si evince dall’attuale proliferazione di tali esperimenti a livello nazionale e internazionale. Come spesso accade però, la differenza non la fa unicamente l’oggetto della proposta, ma, piuttosto, le motivazioni e le modalità attraverso cui la si riesce a rendere credibile: non basta l’etichetta dell’interazione degli spettatori per ottenere una forma innovativa.
Per questa ragione, laddove le ragioni del dispositivo non erano adeguatamente giustificate e chiarite, la natura interattiva e giocosa delle performance risultava fine a se stessa. In altri casi, invece, si è scelto di sfondare la dimensione ludica, scegliendo la direzione della riflessione, del ripensamento, dell’innovazione costruttiva: è allora che il meccanismo funziona, rivelandosi strumento per interrogare in maniera profonda il ruolo dello spettatore.

Pergine Spettacolo Aperto inserendosi nella memoria di luoghi ormai dimenticati o vissuti in una quotidiana abitudine, riattualizzandone il senso e ripensando il ruolo dello spettatore, è riuscito a gettare le basi per interrogativi cruciali non solo per la scena teatrale ma per la nostra contemporaneità. E quando un festival sa generare interrogativi di tale portata può dire di aver centrato il suo intento: a Perfect Storm!.

Chiara Marsilli – Carmen Pedullà