Sarà vero, come sostiene Walter Siti, che viviamo in una società non più abituata alla complessità? Se lo chiede Marta Bulgherini dal palco allestito tra i tavoli dell’Alibi Music and Spirits, in zona Gorla. Il suo Generazione Pasolini, portato in scena insieme a Nicolas Zappa e vincitore del Premio della Critica Stratagemmi, si presenta come uno spettacolo comico, ma è in realtà un flusso di coscienza di grande intensità e profondità, capace di entrare in dialogo con idee e visioni di Pier Paolo Pasolini. Un viaggio che diventa confronto e che rievoca la critica feroce alla società dei consumi, la spietata – e a volte conflittuale – visione del mondo dell’autore.
Lanciata in una sorta di sfida dialettica e in polemica con l’immagine-feticcio creatasi attorno alla vita e alle opere dello scrittore, la comicità di Bulgherini rapisce e porta a riflettere su alcuni temi chiave del pensiero pasoliniano e su come risuonino ancora attuali.
Ad esempio, lo sketch in cui l’attrice finge di non riuscire a decifrare i versi de Le ceneri di Gramsci diventa il pretesto per citare Siti e il discorso sulla complessità, ma anche lo spunto per ragionare sul nostro rapporto con testi in cui per addentrarsi servono pazienza e dedizione, qualità che paiono in contrasto con i principi di velocità e semplicità, cardini della comunicazione di oggi.
Ecco perché sembra più vero che mai quel verso di Pasolini: «Io sono una forza del passato». La frase, all’epoca, segnava la direzione pasoliniana ostinata e contraria alla morale della società dei consumi; oggi potrebbe significare anche molto di più. Del resto, sebbene già in vita Pasolini incontrasse molta resistenza alle sue idee – nella messinscena viene citata la polemica tutta teorica con Italo Calvino sulla scomparsa dei valori contadini – a quasi cinquant’anni dalla tragica morte il suo pensiero continua a stridere con forza col presente.
Nello spettacolo, con una leggerezza impensabile considerato il tema, Bulgherini riesce così a parlare di omologazione culturale ma anche di come sia cambiato, nella società italiana, il ruolo della Chiesa; ancora, di dittatura della società dei consumi, di centralismo e di vergogna culturale. Tutti concetti che fluiscono naturalmente nel corso della rappresentazione, sempre ancorata al racconto autobiografico e autoironico delle turbe dell’attrice. Se infatti la vita moderna si avvalora solo attraverso i mezzi di consumo, allora gli individui sono pronti ad accettare un modello di vita che non riescono a realizzare. Le ambizioni personali diventano aspettative imposte, vissute non tanto attraverso lo slancio del desiderio, quanto più tramite la passività del dovere. Ne nasce una frustrazione che ci fa sentire vittime di un sistema che non comprendiamo appieno. Questo pensiero non è lontano da quanto il filosofo Mark Fisher teorizzerà in saggi come Capitalist Realism o Good for Nothing.
Il segreto della performance, che finisce per risultare un tributo potente e intelligente all’intellettuale e alla sua eredità, è però nel rapporto col pubblico. Bulgherini non se ne dimentica mai, usando a suo favore lo spazio non convenzionale in cui si svolge lo spettacolo, che non rimane mai relegato sul palco, ma si estende in tutto il locale. Si ha l’impressione di partecipare alla messinscena: così anche uno scrittore spesso considerato ostico, difficile o semplicemente troppo “in alto” come Pasolini, può entrare a pieno titolo nella nostra routine cittadina. Un modo non dichiarato, non verbale, tutto teatrale per dimostrare che Pasolini non è mai stato altrove, in un Olimpo irraggiungibile, ma sempre immerso nella società, come quando in vita girava «per la Tuscolana come un pazzo, / per l’Appia come un cane senza padrone». Uscendo da Alibi si ha la sensazione che sia ancora così, che il suo posto, in morte, non sia tra gli scaffali di qualche libreria ma nel fiume stesso delle nostre vite. Che in fondo sia sempre ad aggirarsi per le nostre strade «più moderno di ogni moderno / a cercare fratelli che non sono più».

Federico Demitry


in copertina: foto di Davide Aiello

GENERAZIONE PASOLINI
drammaturgia e regia di Marta Bulgherini
con
Marta Bulgherini e Nicolas Zappa

Contenuto scritto nell’ambito dell’osservatorio critico di FringeMI 2024