Il Premio Scenario quest’anno spegne trenta candeline. Un traguardo importante per un appuntamento che da sempre si è posto come osservatorio del fermento creativo teatrale under35 tanto che osservare le finali del Premio è un po’ come sintonizzarsi con una generazione intera. Per la ricorrenza a cifra tonda, quest’anno oltre a “Scenario” e “Scenario per Ustica” sono stati presentati anche i finalisti di “Scenario Infanzia”, per un totale di quindici spettacoli. In palio un premio economico di 8.000 euro a ciascun vincitore, oltre alla partecipazione – sempre nella versione breve dei venti minuti– a diversi festival come Volterrateatro, Operaestate, B.Motion, e il neonato Scenari Europe di Pescara. Il debutto ufficiale degli spettacoli avverrà invece il 2 dicembre ai Teatri di Vita di Bologna e il 3 dicembre presso il Teatro Laura Betti di Casalecchio di Reno, grazie alla collaborazione tra l’Associazione Scenario e Ater Circuito Regionale Multidisciplinare.
L’edizione 2017, le cui premiazioni si sono tenute nell’ambito del Festival di Santarcangelo il 10-11 luglio, si farà ricordare per il bisogno di narrare l’individualità: nei vari lavori l’Io diventa specchio di una società sempre più solipsista e propensa a pensare che il problema di un singolo possa essere anche problema collettivo. In Posso lasciare il mio spazzolino da te?, di Massimo Odierna di Napoli, tre amici progettano una rapina. Una di loro è un’attrice il cui monologo per un provino è una sequenza di variazioni sulla parola “io”: un brano dove l’ironia si mischia all’arte concettuale per rappresentare una vita sempre più imbevuta della nostra soggettività. Il duo romano Sirna/Pol con lo studio I giardini di Kensington analizza invece la quotidianità e la routine di una coppia attraverso un gelido sarcasmo.Una dimensione nella quale è facile rispecchiarsi, ma in cui si fatica a vedere l’uscita. Il tema della coppia è al centro anche di Intimità del gruppo Amor Vacui di Padova – recentemente visto a IT Festival con Domani mi alzo presto – un assaggio di indagine sulle relazioni di coppia, che si aggiudica una menzione speciale della giuria: “Tre attori impegnati in monologhi che non riescono a farsi dialogo, per raccontare un universo di relazioni sentimentali e generazionali bloccato nella coazione a ripetere, come riflesso di un disagio che trova nell’ironia il viatico per una ricerca pressante di attenzione. Un testo irresistibile cui giova la presenza scanzonata di attori affiatati ed efficaci.”
Il ‘filone dell’Io’ si allarga alla condizione sociale del riconoscimento di genere con Un esquimese in Amazzonia della compagnia di Cernusco sul Naviglio The Baby Walk: la regista Livia Ferracchiati affronta un coro/società, lottando per il riconoscimento della propria individualità. Si aggiudica così (ex aequo con BAU#2 di Barbara Berti) il Premio Scenario: “Il confronto fra la persona transgender e la società fa propria la metafora dell’Esquimese in Amazzonia, alla quale lo spettacolo dà corpo e voce. Da una parte la presenza imprevista che sfida le regole e impone uno spostamento dello sguardo, raccontandosi con disarmante naturalezza. Dall’altra parte il coro ritmato e incalzante della collettività, che vuole risposte certe ed esprime nel meccanismo del link web il naufragio del pensiero. Un lavoro che colpisce per la scelta di una narrazione che rinuncia ai codici interpretativi per raccontare con ironia e delicata sfrontatezza una tematica alla quale aggiunge nuove risonanze.”
Gli ultimi tre lavori portati in scena danno corpo a narrazioni e percorsi artistici, in un certo senso, culturalmente più articolati. Il gruppo torinese Il Mulino di Amleto porta in scena il testo tragicomico di Madgalena Barile Senza Famiglia: se la rivoluzione parte tra le mura di casa, ogni secondo di vita domestica diventa prezioso per trasmettere i principi della libertà e dell’emancipazione: la nonna femminista torna in vita per cambiare il rapporto con la figlia, succube del marito. È evidente lo scarto drammaturgico e attoriale rispetto agli altri lavori in concorso, anche se forse rimangono discutibili alcune scelte registiche come l’uso dello spazio. Body Begs Water del gruppo romano Rosenkreutz Studio è invece un’analisi sull’uso dei media che parte da un drammatico avvenimento di vita reale in Turchia. Schermi, telecamere e bluescreen, microfoni e amplifcazioni: molteplici linguaggi comunicativi si uniscono e si intrecciano ai diversi livelli drammaturgici per costruire un elaborato complesso e dalle forti potenzialità.
“Barbara Berti esplora con consapevolezza lo spazio scenico e l’interazione con il pubblico […] Colpisce la capacità di creare un linguaggio scenico nel quale la fisicità e il lavoro sul corpo creano la parola definendo un’identità artistica innovativa e originale. Il rigore del processo di ricerca, che si nutre anche di pratiche meditative e rituali, definisce una coreografia ipnotica e coinvolgente, un vero e proprio risveglio del corpo, creato da pattern e composizione in tempo reale.” La giuria assegna con questa motivazione ex aequo il Premio Scenario 2017 alla bolognese Barbara Berti con Bau#2, un lavoro scenicamente e fisicamente articolato che la vede da sola in scena muoversi in uno spazio studiato, creando con apparente semplicità la parola dal gesto. Uno studio che si ispira a Pina Bausch, ma che trova un suo equilibrio e una sua drammaturgia autonoma.
All’imperante argomento ‘individualista’ si contrappone invece la molteplicità di argomenti (spesso affrontati con un crudo senso di realtà) che ha contraddistinto la sezione Premio Scenario infanzia 2017. Vincitrice della sezione è stata Valentina Dal Mas di Valdagno che con Da dove guardi il mondo? ha portato in scena l’universo di Danya, una bambina di nove anni con difficoltà cognitive. Menzione speciale invece per Ticina: attraverso il mimo la compagnia partenopea Teatro nel Baule ha rappresentato la morte, personificata e grottesca come la tradizione napoletana vuole.
Il gruppo bolognese Shebbab Met Project con I Veryferici si aggiudica la sezione Premio Scenario per Ustica 2017, grazie a un lavoro dal forte carattere emotivo che coinvolge le periferie e quelle zone spesso lasciate in disparte dalla società civile. Sono stati insigniti con la menzione speciale, per i temi scottanti e di forte attualità Pietro Piva, di San Giovanni in Marignano, che con Abu sotto il mare racconta la traversata di un profugo attraverso gli occhi di un bambino, e Enrico Casale di La Spezia che con FaustBuch narra della smania per il successo portando in scena la disabilità. Questioni affrontate, nel primo caso, con una delicatezza toccante, nel secondo raccontate con l’alterità che contraddistingue la nostra generazione.
Giulia Alonzo