Stratagemmi 6 [cartaceo]

12,99

Descrizione

Descrizione

Il teatro è anche questo: non smettere di rievocare un gesto, una battuta, quando si chiude il sipario. Non smettere di ripetere quella parola, quel verso, quando il libro è chiuso sul tavolo. E pensare al senso nuovo che tutti questi elementi hanno aggiunto alla comprensione della realtà, dentro e fuori il teatro. Proprio di questi elementi, in grado di fornire senso e strumenti di interpretazione del reale, siamo andate in cerca nell’una e nell’altra sezione della rivista. Per questo numero, che esce mentre a Napoli si celebra il primo Festival Teatro Italia – di cui già un anno fa avevamo parlato da queste pagine – abbiamo messo insieme, nella sezione degli studi,
Derrida e Dostoevskji, Eschilo e Giamblico. Uno sguardo diacronico sulla figura di Prometeo da Esiodo a Eschilo passando per l’Inno ad Ermes: da Titano ribelle a benefattore e civilizzatore.
Uno spaccato della spiritualità pagana al tramonto dell’Ellenismo: l’aspetto teatrale e spettacolare delle pratiche teurgiche. E ancora: le riflessioni del filosofo Deridda su uno dei maestri teatrali del Novecento, Antonin Artaud, e sul suo Teatro della Crudeltà. Infine, un’indagine sugli esperimenti drammaturgici dal romanzo dostoevskiano, tra letteratura e messa in scena.
Nel Taccuino abbiamo proseguito un viaggio, che da Milano (“Stratagemmi” 5) ci ha portate dritte a Napoli, quartiere Scampia: per parlare del rapporto tra teatro e territorio e tra teatro e periferia cominceremo proprio da uno dei luoghi protagonisti al Festival Teatro Italia, l’auditorium di Scampia, che ha ospitato per tre anni, dal 2005 al 2008, i ragazzi cresciuti a pane e teatro da Marco Martinelli. Da lì il nostro itinerario sale attraverso la penisola, attraverso altri volti e altre storie di un teatro che vivifica i luoghi e le persone delle realtà in cui penetra. Proprio come sta accadendo, in questi mesi, nel capoluogo campano: un festival di teatro spuntato tra risse urbane, ‘monnezza ’ e orgoglio, arriva all’improvviso – come uno stratagemma – a spazzare via quell’immagine che troppe volte è comparsa sfuocata e infangata dalle cronache. Per i napoletani vivere i luoghi più suggestivi e più intimi della città, da Scampia al porto, da piazza del Plebiscito alle vie strette del centro, quando sotto i riflettori saranno finalmente solo attori, registi, drammaturghi, ma anche il pubblico di ogni dove, non potrà che fare bene.
Il teatro non cambia la realtà, né salva la gente. Però porta a vedere meglio, con un’altra luce, con altri occhi, specie quando si insinua negli spazi del quotidiano e diventa condiviso. Il teatro
mescola e confonde, illumina menti e anime e ha il potere, ancora sorprendente, di far uscire la gente di casa e portarla nelle piazze e nelle sale, dove si rinnova un rito antichissimo e dove se ne
celebrano sempre di nuovi. Perché, in fondo, che si recitino Eschilo o Dostoevskji, Aristofane o Molière, non sarà mai solo accademica rappresentazione, solo testo o parola recitata con maggiore o minore bravura, non saranno mai solo costumi e musiche più o meno accattivanti, gli elementi che decreteranno il successo di una qualsiasi messa in scena. Dopo tutto questo, ed è ciò che rimane, ci saranno la sospensione, il disorientamento, ci sarà un messaggio che si diffonderà per le strade e macererà in testa, aiutando le città, ma soprattutto le menti, ad aprirsi e a sorprendersi a teatro o fuori dal teatro. Ed è di questo ‘potere’ che continuiamo a scrivere e leggere, a proporvi frammenti e prospettive.

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