Se pensare di vedere un morto che cammina è qualcosa di strano, ancora più strano è sentirlo parlare e raccontare la storia del proprio decesso. È quello che fa il protagonista di De(ath)livery, un rider al suo primo (e fatalmente ultimo) giorno di lavoro, interpretato da Andrea Cioffi, che dello spettacolo è anche drammaturgo e regista. Era convinto che l’aldilà fosse come il video di Thriller di Michael Jackson, e invece si ritrova a istruire il pubblico circa le circostanze della sua dipartita, a riavvolgere il nastro degli eventi e perfino a compiacersi delle sventure dei suoi carnefici.
Parla al pubblico, o forse sarebbe meglio dire parla in camera, in quella che sembra una sitcom – a troneggiare in scena è un divano – che ha per protagonisti Mara (Sara Guardascione), Emilio (Vincenzo Castellone) e il loro coinquilino Jacopo (Luigi Leone): una maestra esaurita con manie di controllo, un agente immobiliare asservito alla fidanzata e un saccente specializzando in infettivologia che si aspetta una svolta amorosa con la donna con cui si trova a condividere la dimora. Un trio di figure costruite per essere la versione peggiore di sé stesse, nel loro continuo – e dopo un po’ frastornante – urlarsi addosso.
Solo il rider detiene il potere di interromperli, telecomandando le loro azioni, in un gioco del tutto inverosimile (e divertente) di forward, rewind, moviole, in cui diventa narratore onnisciente dei passi falsi dei tre coinquilini. Nell’inesorabile precipitare degli eventi che seguirà alla morte violenta del ridersi potrebbe sprofondare del tutto nel dominio del surreale; invece lo spettacolo mantiene, almeno fino alla sequenza finale, un contatto costante con la verosimiglianza, che porta il pubblico ad aspettarsi sin dall’inizio le conseguenze di quanto vede in scena, pur nell’efficace cornice della narrazione postuma.
L’approdo – inevitabile – è la catastrofe: De(ath)livery si rivela una favola nera. Ma proprio nella catastrofe chi si muove meglio è il rider-narratore, la vittima innocente, che ha già imparato a fare i conti con la morte e ora può permettersi di riprendere quel controllo e quella autonomia che gli erano stati negati in vita. Di lui non conosciamo l’identità, ma solo i sogni infranti di chi subisce l’anonimato in una società sempre più egoriferita: «nessuno guarda in faccia un rider». L’oltretomba diventa ora il luogo della rivalsa, della creazione della propria idea di sé e della propria vita, anche se da morto. E se si è sempre pensato che nell’aldilà si balli Thriller, non c’è altra conclusione possibile che disporsi in ordine e iniziare la coreografia, in una danza macabra finale. Tutti insieme.
Cecilia Burattin, Ginevra Portalupi Papa
in copertina: foto di Daniele Lazzarra
DE(ATH)LIVERY
con Andrea Cioffi, Sara Guardascione, Luigi Leone, Vincenzo Castellone
drammaturgia e regia Andrea Cioffi
assistente alla regia Ilaria Fierro
scene Trisha Palma
costumi Rosario Martone
disegno luci Andrea Savoia
musiche Emanuele Pontoni
produzione Cercamond Compagnia Teatrale
Contenuto scritto nell’ambito dell’osservatorio critico di FringeMI 2023