Da quanti anni stai lavorando allo spettacolo Rosas Danst Rosas?
Ho iniziato nel 2009, come danzatrice. Per quattro anni ho eseguito questa pièce più di centocinquanta volte. Quest’anno il cast è cambiato e anche il mio ruolo: ci sono nuove, giovanissime, danzatrici e io sono diventata direttrice delle prove.

Rosas Danst Rosas è uno spettacolo basato sulla ripetizione, su variazioni minime: come ti senti a replicare così tante volte gli stessi movimenti? Non è alienante?
È una pièce molto sistematica; il vocabolario coreutico è minimale e, soprattutto all’inizio bisogna concentrarsi sui movimenti e la struttura. Una volta che il danzatore ha imparato la struttura smette di eseguire il movimento meccanico e inizia a ragionare sulla qualità di ogni vocabolo. Così il gesto, acquisendo diverse sfumature, si trasforma e diventa una storia, comunica delle emozioni. È per questo che lo spettacolo non risulta mai uguale. Come danzatori, il nostro lavoro consiste nel mantenere il gesto sempre vivo, nuovo: “keep it fresh!”

Continuando il discorso sulla ripetizione. Se la struttura di Rosas Danst Rosas è la stessa dagli anni Ottanta, in che modo pensi che abbia ancora qualcosa da dire oggi, qui ed ora?
Credo sia molto importante vedere questo spettacolo oggi: non si tratta di un dipinto o di una registrazione di musica, è arte viva, una performance. Il corpo dei danzatori è adesso e viene mostrato in un preciso momento del presente! Dal punto di vista del danzatore è una sorta di rilettura: si tratta di cancellare i cliché abituali per sintonizzarsi sul modo di muoversi degli anni Ottanta, che è molto diverso rispetto ad oggi. Le nuove generazioni eseguono sempre la stessa struttura, la stessa coreografia, ma il pezzo non è mai uguale!

Che cosa consiglieresti a uno spettatore che vedrà lo spettacolo per la prima volta e volesse coglierlo al meglio?
Semplicemente di essere curiosi e attenti: uno sguardo veloce non consente di cogliere le sfumature di ciò che accade sul palco. Lo spettatore deve chiedersi: “Che cosa stanno facendo le danzatrici? Che cosa sta accadendo alla scena? Potrà sembrare di vedere sempre lo stesso movimento ma non è così. Forse lo spettatore di oggi farà un po’ più di fatica rispetto a quello degli anni Ottanta (viviamo in un mondo molto veloce) e quindi il mio consiglio è: “cercate di cambiare sguardo!”

Francesca Verga

Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView