Uscito a giugno 2020 per Luca Sossella editore, ll respiro di Dioniso è il nuovo libro di Andrea Porcheddu, in cui il critico riscopre e ripercorre, con il taglio del saggio e del racconto, l’opera di uno dei maestri del teatro contemporaneo. 

Cosa pensare di un regista greco che afferma, senza ironia, di essere un fervente fedele del dio Dioniso? Andrea Porcheddu, nel dedicare una monografia a Theodoros Terzopoulos, decide di credergli. Anzi. Il suo libro, appena uscito per Sossella editore, si apre con il racconto di una conversione: l’ancora profano Andrea sosta (a bere e mangiare) ai piedi del monte Olimpo e lì, grazie a un apostolo (l’attrice Aglaia Pappas), si accosta per la prima volta al divo Terzopoulos. L’episodio, raccontato con garbo, avverte il lettore: l’autore mescolerà prima e terza persona, intreccerà narrativa e saggistica e farà di tutto, in buona sostanza, per evitare la noia di un piatto e paludato volume da editoria di settore. Si tenga presente, del resto, che il critico Andrea Porcheddu è anche romanziere (è del 2015 il suo Infedele alla linea) e conosce bene l’arte del raccontare storie. 

Non per questo vengono a mancare analisi, fonti e rigore. Il libro accompagna Terzopoulos fin dalla nascita nel piccolo paesino di Makriyalos, passando per i cruciali anni berlinesi nella bottega del Berliner Ensemble, fino al rientro in Grecia, alla fondazione del teatro Attis, e ai grandi progetti internazionali dedicati al dramma attico. Per seguire il grande Terzopoulos nel suo complesso percorso di evoluzione artistica e umana, Porcheddu mobilita un’ampia rete di riferimenti: studiosi (dalla regina dei performance studies Fisher-Lichte fino al grecista Dario Del Corno), registi (Artaud e Grotowski naturalmente, ma anche Castellucci e Ronconi) e filosofi (persino il coreano Byung-Chul Han).

Su due aspetti, in particolare, il bel volume si sofferma con acume e profondità. Il primo è il metodo di ricerca attorale di Terzopoulos, e la sua formidabile resa sul palcoscenico. L’autore fornisce ad uso del lettore una cospicua messe di testimonianze (fotografie, recensioni dei debutti, interviste agli attori), per mostrare quanto straordinari e pervasivi risultino — anche agli occhi dei profani — gli esiti dello scavo sulla figura del performer. Il secondo affondo è sul debutto di Baccanti, avvenuto a Delfi il 17 giugno 1986: Porcheddu decide, a buon diritto, di considerare lo spettacolo un vero e proprio case study. Non solo perché si tratta di un ottimo prisma per comprendere la via di Terzopoulos al teatro greco, felicemente lontana dalle forzate attualizzazioni e da ogni tentazione museale. Ma anche perché, come sa chiunque abbia una qualche esperienza di tragedia antica sulla scena contemporanea, le Baccanti trascinano nella polvere i registi senza idee, e conferiscono gloria ai geni (basterà citare, tra i tanti esempi possibili, l’indimenticato Dionysus in’69 di Schechner e le Baccanti di Luca Ronconi realizzate per il Laboratorio di Prato nel 1977). Come ne esca Terzopoulos dalla sfida con Euripide è presto detto: incoronato dal pubblico, dalla critica e persino – è lecito sospettarlo – dal dio Dioniso in persona.

Porcheddu, dalla sua, non nasconde l’entusiasmo da spettatore e la certezza da critico di trovarsi di fronte a una figura chiave del Novecento. Ma se il lettore, incendiato dalle contagiose parole del libro, avesse una dionisiaca impellenza di vedere in Italia il maestro Terzopoulos? In questo caso, cominci pregare il dio in cui crede. La presenza del regista nel belpaese — Porcheddu è chirurgico nel ricostruire il quadro — è sempre stata ondivaga, intermittente, affidata alla lungimiranza di pochissimi enti. Anche per questo motivo, la pubblicazione è oggi una risorsa preziosa: un’opportunità per colmare una lacuna del sistema e per lasciarsi conquistare da un grande signore del teatro. 

Maddalena Giovannelli

 

Il respiro di Dioniso. Il teatro di Theodoros Terzopoulos
di Andrea Porcheddu
edito da Luca Sossella Editore
giugno 2020