visto al Teatro N’homa di Milano_23-24 settembre 2015
nell’ambito della Rassegna Festival Premio Internazionale “Il Teatro Nudo” di Teresa Pomodoro
progetto, drammaturgia e regia di Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte

La vita, per le sorelle protagoniste della novella verista di Federico De Roberto, non è altro che un rosario. Mortificate nel corpo e nell’anima da una vita di privazioni corporali e compulsive recite religiose, le tre zitelle vivono tra buie mura domestiche soggiogate al potere della madre, vedova e dispotica. Unica a ribellarsi a questa esistenza di martirio e a immergersi nei piaceri della vita terrena è la quarta sorella Rosalia, rinnegata dalla madre per aver scelto la via del matrimonio e della maternità. Persino in punto di morte le sarà negato conforto e perdono.
Ad accompagnarci all’interno di questo universo claustrofobico e dolente è una musicalità tipica della tradizione orale italiana che – attraverso i più diversi colori dialettali, dal vernacolo friulano a quello siciliano – assume timbri cangianti e a volte stonati: è canto sacro quando utilizzata per la recita del rosario, canto funereo e disperato alla morte di Rosalia, canzone profana per il rimpianto di una gioventù negata.
Che sia parlato intonato o parola ritmata, è la musica il cuore pulsante del primo spettacolo del gruppo artistico Umane Risorse (un debutto del 2010): il teatro contemporaneo si contamina con un repertorio di antichissima provenienza come l’Orologio della Passione (tipica struttura dei canti del Venerdì Santo), ma anche con composizioni del tutto originali ispirate, sotto la direzione di Antonella Talamonti, alle sonorità del testo.

La pièce, di cui Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte firmano progetto, regia e drammaturgia, si tiene ben lontana da un intento di pedissequa mimesi. Si tratta piuttosto di una rilettura, a volte anche audace, dell’originale derobertiano: ad emergere è un regno ancor più angusto dove gli unici rapporti possibili sono con i familiari (i personaggi esterni vengono eliminati) e ogni forma di contatto con il “mondo reale” – persino l’aggravarsi della malattia di Rosalia – si riduce alle visioni della sorella minore. E anche se non manca una nota ironica nei dialoghi tra le sorelle (unico conforto a un vivere così soffocante), il centro della riscrittura resta lo scontro tra il potere tirannico e intoccabile, incarnato dalla madre, e l’arte – in questo caso il canto –  che si fa portavoce di un’istanza di libertà e cambiamento.
Magistrale la recitazione di Filippo Luna nei panni dell’anziana donna che, inaridita dal peso di un martirio senza causa, fa pensare all’autorità matriarcale di certe madri del Sud, costrette a esercitare un potere coercitivo sul destino della propria prole. Intensa e affiatata anche l’interpretazione delle sorelle Carmelina (Nenè Barini), Caterina (Germana Mastropasqua), Agatina (Alessadra Roca) che, unite alla madre da un cordone mortifero, lottano invano per la propria realizzazione e auto-affermazione. La loro voce, quando il rosario diviene recita incancrenita, si trasforma in un canto laico e umano che, partendo da De Roberto, approda alle parole pasoliniane recitate nel finale: “Madonuta (…) salva il nustri pais…. salvilu”.

Alessandra Cioccarelli