Daniela Di Carlo_ redattrice di A critic mess!
Noemi Bresciani _ danzatrice in Salvaje
Chiara Ameglio _ danzatrice in Salvaje
Mattia Agatiello _ danzatore di Fattoria Vittadini
DANIELA. Stasera abbiamo assistito a una prima assoluta firmata da un coreografo di fama internazionale. Come avete conosciuto Daniel Abreu?
MATTIA. Abbiamo lanciato una “call for coreographer”, un bando rivolto a tutti i coreografi del mondo, in cui mettevamo in palio 15.000€ per la realizzazione di uno spettacolo per la nostra compagnia. Abbiamo ricevuto settantadue candidature e fra queste ne abbiamo individuate cinque particolarmente interessanti. A scegliere Daniel Abreu è stato un comitato selezionato da noi costituito da Marinella Guatterini, dai produttori dello spettacolo Gigi Cristoforetti per Torinodanza, Pier Giacomo Cirella per Arteven e il teatro comunale di Vicenza, Gilberto Santini per AMAT Marche. Così Daniel è venuto a Milano e ha incontrato Fattoria Vittadini.
D. Salvaje vede protagoniste soltanto tre danzatrici. Quali sono stati i motivi per cui Abreu ha scelto Noemi Bresciani, Chiara Ameglio e Vilma Trevisan fra i componenti della compagnia?
NOEMI. La selezione si è basata soprattutto sulla disponibilità dei singoli artisti. Inoltre il bando prevedeva un cachet adeguato a sostenere uno spettacolo per tre o al massimo quattro danzatori.
M. Avevamo bisogno di realizzare un prodotto rapido, che potesse circuitare anche all’estero e che non richiedesse eccessive risorse economiche.
D. Un cast che si forma a partire da esigenze logistiche, ma non per questo mal assortito: le tre figure femminili sono diverse ma al tempo stesso armoniche e complementari.
M. Ci piaceva l’idea di tre protagoniste donne. Inizialmente si era ipotizzata la presenza di un ballerino, ma non è stato possibile realizzare questa idea per problemi logistici.
D. Il focus sull’istinto selvaggio dell’uomo ha avuto origine da una vostra esigenza?
N. No, è stata una scelta di Daniel Abreu che, come richiesto nel bando, si è candidato con una proposta di spettacolo.
D. In che modo Salvaje ha arricchito la vostra esperienza umana e professionale?
N. Questo spettacolo mi ha messo molto in difficoltà. Ci siamo trovate in alcune situazioni di improvvisazione al limite del sadismo, in cui era difficile scindere il reale dalla performance. Perciò è stato necessario affrontare un lungo processo di consapevolezza per imparare a usare il corpo come strumento, senza che diventasse vittima di tutto questo immaginario.
M. Questa esperienza ha regalato loro la possibilità di sperimentare una tecnica diversa da quella che di solito pratichiamo. Come osservatore esterno posso affermare che attraverso questo lavoro tutte e tre sono cresciute enormemente come danzatrici, perché hanno affinato strumenti che possedevano in forma grezza.
N. Daniel ci ha permesso di scoprire una serie di qualità di movimento alle quali non eravamo così vicine e di sviluppare una vera e propria “attitudine al movimento”.
CHIARA. Per quanto mi riguarda ho scoperto una tecnica performativa completamente nuova. Quello che ti chiede questo spettacolo è danzare e basta, non pensare, liberare al massimo l’energia del corpo. Tutto ciò è diverso da quello che facciamo di solito con Fattoria Vittadini, in cui costruiamo in scena qualcosa di cui siamo coscienti. Salvaje è corpo in libertà. È stato liberatorio.
D. Avete esorcizzato l’essenza primitiva e animalesca dell’essere umano. Confrontarsi e relazionarsi con aspetti così intimi – e spesso repressi – della propria e altrui natura, come ha inciso sul vostro legame?
N. La tematica affrontata in Salvaje distanzia emotivamente, ma questo distacco non ci ha trasformate. Come ho già detto in passato, questo spettacolo ha avuto degli effetti positivi sul nostro legame perché creato una solida alleanza fra noi.
A cura di Daniela Di Carlo e Veronica Polverelli
Salvaje
di Daniel Abreu
con Chiara Ameglio, Noemi Bresciani, Vilma Trevisan
visto il 9 ottobre 2017 _ Teatro Elfo Puccini nell’ambito della rassegna MilanOltre