Lo “spettacolo dell’anno” ha oltrepassato il confine nazionale. Vincitore del premio Ubu 2016, il progetto Santa Estasi di Antonio Latella (qui la recensione di Stratagemmi) è approdato al Festival di Avignone dal 19 al 26 luglio con ben tre repliche. Il luogo prescelto per la performance è stato il Gymnase du lycée Mistral che, insieme ai sedici attori, ha ospitato 1690 spettatori per un totale di sedici ore di programmazione distribuite su due giornate (per facilitare le entrate e le uscite del pubblico sono stati distribuiti all’ingresso dei braccialetti di riconoscimento).

Il clima del ribollente festival francese ha contribuito a creare una dimensione di scambio e familiarità quanto mai adatta al progetto latelliano, e anche gli spazi del bar e i tavoli all’aperto hanno conciliato l’incontro e il dialogo tra gli spettatori nei momenti di pausa. Il pubblico delle repliche francesi di Santa Estasi si distingue per varietà, e non solo dal punto di vista della provenienza: in coda si affollano spettatori di tutte le età, e l’affluenza di giovani (e giovanissimi) è sorprendente.

A cena, tra i tavoli, molti degli spettatori confessano di essere stati incuriositi dalla sfida della lunga durata e anche le voci più giovani condividono la stessa opinione. Le sedici ore non spaventano affatto, anzi attirano il pubblico del festival, che però è costretto ad affrontare l’ostacolo linguistico, seguendo lo spettacolo con la traduzione nei sovra-titoli. Ma l’attenzione non viene meno, e man mano che le opere si susseguono e le ore passano, gli spettatori iniziano a mettersi comodi: alcuni si tolgono le scarpe, altri cedono al sonno per brevi momenti, perfettamente ambientati. Complice la natura anti-finzionale della regia di Latella, le barriere tra attori e pubblico vengono continuamente abbattute: tra le due parti si va a instaurare un legame quasi affettivo, che letteralmente esplode nel gioco metateatrale dell’Oreste, tutto impostato come una prova aperta della tragedia euripidea. Gli attori si lanciano a recitare tra il pubblico, in braccio al pubblico, al posto del pubblico: Menelao prende il posto di una spettatrice che viene trascinata in scena; Oreste chiede a uno spettatore (francese, per fortuna!) di leggere i sovra-titoli; alcuni attori ironizzano sulle battute dei propri personaggi, pronunciandole in lingua locale.

La ricezione di Santa Estasi – tanto nei commenti restituiti a caldo dagli spettatori, quanto nelle critiche uscite sulla stampa locale – suggerisce alcune riflessioni sul rapporto del pubblico francese con il teatro antico. “Qui in Francia esiste già un festival di teatro antico, Les Dionysies. L’allestimento però è d’impianto scolastico, molto tradizionale. Niente a che vedere con questo approccio contemporaneo al classico”, dice Antoine, 17 anni, studente. Anche Lucas, 26 anni, manager di una compagnia teatrale, sembra apprezzare la scelta di presentare riscritture radicalmente lontane dall’originale greco: “Il quadro famigliare, ridisegnato in questa prospettiva, permette al tempo stesso una maggiore comprensione e immedesimazione nell’intricata rete di rapporti previsti dalla tragedia classica”.
La critica (per lo più webzine di settore, che seguono con particolare attenzione il cartellone avignonese) sembra invece, sorprendentemente, prendere le distanze dall’idea stessa di una revisione troppo libera degli originali. Così, per esempio, Yves Kafka su Inferno-magazine, addita l’eccessivo abbassamento dei personaggi del mito in una dimensione anti-eroica:

Antonio Latella s’éloigne des origines au point parfois de faire passer au rang de très pâles figurants les figures mythiques prises en otage par l’impétueuse fougue des impétrants pressés d’en découdre avec eux, au point d’en découdre la trame, d’en complexifier l’essence ou à l’opposé de la réduire à quelques buttes témoins, et, pourquoi pas, de piétiner en toute innocence l’esprit de leurs concepteurs originels qui – étant morts – ont peu de chance de proteste.

O ancora Christophe Candoni (Santa Estasi, du boucan chez les Atrides, www.sceneweb.fr) denuncia un approccio al classico “très distanciée et appuyée”, e una regia con “beaucoup moins fin et plus trivial”. Ma un classico non è tale proprio per la sua capacità di generare ripensamenti e tradimenti? E il visibile coinvolgimento della variegata platea non è una conferma della riuscita dell’operazione? E così, se a prima vista una lunga maratona dedicata alla tragedia greca poteva sembrare un’avventura riservata a spettatori d’elite, le opposte reazioni di pubblico e critica sembrano rivelare esattamente l’opposto. A maggio Santa Estasi torna in Italia, in una platea d’elezione: il Piccolo Teatro di Milano. La ricezione del pubblico nel tempio del teatro di regia sarà un’importante cartina al tornasole sulle aspettative degli spettatori italiani su cosa sia un classico sulla scena contemporanea.

Veronica Polverelli


Santa Estasi
Atridi: otto ritratti di famiglia

progetto speciale pedagogico diretto da Antonio Latella
Drammaturgia: Federico Bellini, Linda Dalisi
Scenografia e costumi: Graziella Pepe

Visto nell’ambito del Festival di Avignone_20, 23, 26 luglio 2017.