La professoressa di sostegno Gioia Montefiori (Francesca Turrini), quarantasettenne nubile, vive da sempre nella stessa cameretta in cui è cresciuta: una stanza ormai un po’ da anziana e un po’ da adolescente, colma di centrini ricamati e peluches, mobili in ferro battuto e carta da parati. Ha come unica compagnia la dispotica madre (Beatrice Schiros) che appare però soltanto in video: petulante divinità domestica che fa capolino da uno schermo sospeso sopra al palco.

La vita di Gioia sarà sconvolta dalla conoscenza di Alessio (Michele Degirolamo), diciassettenne nevrotico e manipolatore, che intrattiene in parallelo una relazione turbolenta con Cosimo (Gabriele Benedetti) parrucchiere allegro, almeno all’apparenza, ma emotivamente provato e molto più anziano di lui. Il rapporto che si crea tra il ragazzo e l’insegnante è ambiguo, tra il filiale e l’erotico: da un lato Alessio sembra lanciare una sincera richiesta di aiuto e amore, dall’altro tesse cinicamente un inganno cinico e umiliante fondato su un interesse economico.

Nello scrivere Se non sporca il mio pavimento, il regista Giuliano Scarpinato e Gioia Salvatori (coautrice alla drammaturgia) si sono ispirati con una certa precisione al delitto Rosboch: l’insegnante piemontese uccisa dal suo ex studente, Gabriele Defilippi, il 13 gennaio del 2016, con la complicità dell’amante di quest’ultimo, Roberto Obert. La donna aveva da poco denunciato il ragazzo per truffa. Sul palco, i protagonisti dell’episodio di cronaca nera si trasformano in tre fragili adulti bambini, tragicamente consapevoli della loro inadeguatezza affettiva. Per Gioia e Cosimo – costretti da anni a una stasi sentimentale, quasi una castrazione emotiva, un’impossibilità alla giovinezza – Alessio diviene immediatamente un miraggio di salvezza, quasi un idolo da adorare. Il ragazzo li trascinerà entrambi a fondo con sé, nel suo narcisismo autodistruttivo e perennemente insoddisfatto.

Scarpinato non offre indulgenza ai suoi personaggi: li denuda, ne espone gli elementi patetici e meschini, ne svela gli autoinganni nel momento stesso in cui essi si manifestano. Il dramma e la comicità, ugualmente ricercati nello spettacolo, scaturiscono proprio da questo contrasto: quanto più Gioia, Alessio e Cosimo fuggono dalla realtà, rintanandosi nei loro piccoli universi surrogati, nelle loro “camerette”, tanto più i riflettori li puntano da vicino e li incalzano. Questo è del resto il mèlo, a cui il sottotitolo dello spettacolo fa riferimento: una vicenda dall’esito prevedibile, che ripete stilemi di genere consolidati, ma vissuta con estrema intensità emotiva dai suoi personaggi. Anche noi, dalla platea, non abbiamo nemmeno il tempo di illuderci su uno sviluppo diverso: il dramma corre infatti veloce verso la sua conclusione tragica, scandito in capitoli dalle secche battute che appaiono sullo schermo, tratte dal testo di Heiner Müller, Pezzo di cuore – il titolo dello spettacolo deriva proprio dallo scambio «Posso gettare ai miei piedi il suo cuore?» «Se non sporca il mio pavimento».

Quando scendiamo le scale del teatro Filodrammatici, la prima immagine che vediamo è una proiezione dei personaggi che nuotano in una piscina piena di foglie. Il palco è come trasformato in un acquario, e Scarpinato ci offre i suoi personaggi da osservare, come pesci nella boccia. Per questo, quando nel finale vediamo Gioia di spalle su una spiaggia correre verso le onde, non possiamo avere nessuna speranza nel suo slancio, consapevoli delle pareti di vetro su cui inevitabilmente si infrangerà, mentre lei retoricamente ci domanda «Sono buffa, vero?».

Michele Spinicci


Se non sporca il mio pavimento – un mèlo

Drammaturgia: Giuliano Scarpinato, Gioia Salvatori
Regia: Giuliano Scarpinato
Con: Francesca Turrini, Michele Degirolamo, Gabriele Benedetti, Beatrice Schiros (in video)
Scenografia: Diana Ciufo
Luci: Danilo Facco

ph: Manuela Giusto