Secondo Fabrizio Favale

Nella performance di Loïe Fuller è presente un “non so che” di semplice e immediato che ogni volta mi affascina. Molti lavori artistici dialogano con un’idea di tempo e aderiscono perfettamente al momento in cui sono collocati. Ne la Serpentine Dance invece il tempo scompare e viene dimenticato: la danzatrice crea un gioco di stoffe e colori così spontaneo e naturale che finisce col diventare un essere a sè stante, oltre il tempo e lo spazio. Si crea così un effetto ottico ambiguo che permette di aprire le porte dell’immaginazione. Questo è il principio che cerco di tenere a mente anch’io quando realizzo le mie creazioni: lasciare un vuoto, uno spazio che lo spettatore può comporre con la sua fantasia, ognuno con la sua sensibilità.

A cura di Alice Rapalli


Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview