Ci perdonino i biologi, ma Fattoria Vittadini è chiaramente un metazoo. Per intenderci: un organismo costituito da più cellule con funzioni specifiche. Perché nell’insieme dell’opera complessa, organica e articolata di Vittadini, gli interpreti sono chiaramente loro, individuabili nella singola specificità come cellule autonome. Non è solo una scelta visiva, ma un insieme di gesti, movenze e ruoli che esaltano l’apporto personale di ogni danzatore. Si pensi per esempio a My true self  (un titolo sintomatico!), in cui Maya Weinberg aveva lavorato a partire da improvvisazioni nate dagli interpreti stessi, proprio con l’obiettivo di far emergere l’individualità di ciascuno di loro. E anche a distanza di anni, nella nuova versione “rivista”, l’apporto di ogni singolarità è imprescindibile ed evidente. Ma anche nell’organicissimo To this purpose only non si vede una massa indistinta: come non riconoscere il ruolo della madonna-Noemi Bresciani, il piglio ironico di Mattia Agatiello e Pieradolfo Ciulli, l’energia e la vocalità di Maura Di Vietri!

E non finisce qui. Perché non è solo il momento creativo quello in cui Fattoria Vittadini mostra la sua vera natura di organismo pluricellulare. Anche nella concezione stessa di “compagnia liquida”, priva di coreografo e di generi, si ritrova l’elemento di varietà, riportata a unità sotto l’egida Vittadini. È così che i membri della compagnia conducono autonomamente il proprio percorso, anche all’estero – è il caso di Mariagiulia Serantoni stabile in Germania – o in seno ad altri gruppi, come il collettivo Fragili Artists di Noemi Bresciani. A volte, proprio sotto il nome di Fattoria Vittadini, si producono spettacoli che indagano vocazioni personali, come ad esempio iLove di Riccardo Olivier e Cesare Benedetti o Sarai di Francesca Penzo.

Lavorare in gruppo è sempre un difficile equilibrio fatto di compromessi, e a volte è più semplice dare risalto alle proprie esigenze, mettendo da parte il lavoro d’insieme, con il rischio di tirare troppo dalla propria parte una coperta piuttosto corta. It’s a little bit messy ha visto forse più lavori coreografati dai singoli danzatori, dalle specifiche pulsioni artistiche di ciascuno, che quelli di gruppo, voluti da tutti. Sarebbe bello allora poter guardare un giorno un nuovo lavoro “vittadiniano” e riuscire a vedere tutti insieme sul palco i membri della compagnia. Perché, in fin dei conti, la bellezza di Fattoria Vittadini risieda proprio lì, nel suo essere unica e varia, multiforme e inconfondibile. Sempre inaspettata, ma sempre Vittadini.

Vanja Vasiljević