Una sedia a dondolo. Un ragazzo con visiera e salopette consunta vi si siede sopra. Accanto a lui, la sua copia al femminile, capelli raccolti e salopette rosa, comincia a declamare al pubblico tutto il suo odio per gli stranieri.

Siamo in Alabama, ma non è l’America. Si tratta di una piccola area di servizio presso Rovigo, dove Bruno (Massimo Scola) e Allison (Laura Serena), fratello e sorella rimasti orfani, conducono un’esistenza meschina e solitaria, che si alterna tra una caccia allo scoiattolo (“mamma li cucinava così bene!”) e una sniffata di benzina. A portare una svolta in questa situazione grottesca e piuttosto malinconica sarà niente meno che la Madonna, la quale, rivelandosi da dentro il coloratissimo “frigor” [sic] acquistato dai due, ordina al ragazzo di prendere i voti e diventare “Suor Bruno”.

La compagnia veneta degli ExvUoto, recentemente impegnata in un progetto di rigenerazione delle periferie urbane (Mappature emotive), sceglie per questa XVIII edizione di Tramedautore, uno spettacolo più “classico” dove a prevalere è una comicità assurda ed esuberante, usata strumento per dissezionare una realtà – o meglio il simbolo di tante realtà – fondamentalmente drammatica. Nell’aggressività preventiva di Allison e Bruno, sempre pronti ad accogliere gli estranei con archi e spranghe, si nasconde la paura di due bambini non cresciuti verso un mondo non compreso, che li ha esclusi e a cui loro guardano con rancore. Nelle sonore bestemmie che la sorella indirizza all’improvvisa vocazione del fratello, si scorge la difesa di un legame ritenuto fondamentale, la preservazione della propria identità tramite quella dell’altro. L’iperbolico e il surreale diventano allora funzionali a una rielaborazione comica di esperienze condivise, un esorcizzare il dolore tramite l’esagerazione e la leggerezza. All’interno di questo meccanismo, le rare scene propriamente drammatiche si incastrano con naturalezza, risultando anzi amplificate, più acute.

L’efficace leggerezza dello spettacolo firmato da Tommaso Franchin sta anche nella capacità di toccare molti e diversi temi senza incatenarsi a nessuno: in Sister(s) si tratta della chiusura mentale e dell’alienazione della provincia italiana, dello smarrimento delle nuove generazioni, prive di coordinate e identità, rabbiose e diffidenti, o del dolore della crescita e del cambiamento. Ma Sister(s) non è uno spettacolo su nessuno di questi argomenti. Come si legge nelle note di regia lo spettacolo è: “una vicenda tanto più assurda quanto più crudelmente vera. Tanto più distaccata dalla realtà quanto più scolpita nell’anima di ciascuno. È una storia. Stop”. Meglio dunque non aspettarsi facili risposte, o facili soluzioni. Se perfino un angelo (Andrea Dellai), sceso dal cielo per soccorrere i due fratelli, finisce per alzare le mani in segno di resa, ammettendo che il suo “è un mestiere difficile”, ciò che può fare lo spettatore è semplicemente lasciarsi coinvolgere da questo racconto sui generis.

Conviene dunque sprofondare senza mezze misure nel “profondo sud” di Rovigo e farsi abbagliare dalle essenziali ma scintillanti scenografie, dagli attori – tutti bravi a calibrare e mantenere pienamente espressivi dei personaggi per loro natura sopra le righe – e lasciarsi andare a una buona dose di risate. È solo in questo modo, accettando fino in fondo l’assurdità della situazione proposta, che si riconoscono meglio i suoi legami con il nostro presente: e in un momento ci si rende conto di quanto quella stessa assurdità che credevamo lontana appartenga anche a tutti noi e alle nostre vite.

Michele Spinicci


Sister(s). Miraggio su strada qualunque
di Andrea Dellai
regia Tommaso Franchin
con Andrea Dellai, Laura Serena, Massimo Scola |elementi scenici Paola Ghiano e Martina Pretto
luci Manuel Garzetta
suoni Marco Campana
Produzione exvUoto teatro con il supporto di Residenza IDra e Teatri Di Vita nell’ambito del progetto CURA 2016.

Visto al Piccolo Teatro Grassi di Milano nell’ambito di Tramedautore_17 settembre 2018