Vestita con la maglietta nera di un gruppo metal, sulle labbra un rossetto scuro che risalta sulla sua carnagione chiara, una collana di borchie appuntite, Sofia Gottardi vuole sembrare una cattiva, una vampira succhia-sangue spaventosa e temibile. Spoiler: dopo averla sentita parlare un istante nessuno ci crede più, né gli spettatori né i personaggi che costellano le sue storie. La giovane stand up comedian vicentina, classe 1996, racconta al pubblico episodi sparsi della sua vita, organizzati in una serie di monologhi senza pretesa di organicità ma tenuti insieme dal suo humor e dalla rappresentazione che di sé stessa vuole dare al pubblico: disagiata (ma non più di ciascuno di noi), bullizzata da piccola, sempre più femminista con il passare dell’età, social addicted e drama queen, pure un po’ autistica. E autistica non per tanto dire, ma nel vero senso della parola, come l’artista tiene a sottolineare in una presentazione prima di attaccare l’ultimo monologo. Qui, senza smettere di fare battute e lanciare strali, Sofia sembra quasi riprendere giocosamente tutti quelli che fino a quel momento si sono riconosciuti nel suo One disagiata show perché non è vero che «siamo tutti un po’ autistici»: esserlo non significa necessariamente essere un po’ strani o ad altissimo funzionamento in grado di fare calcoli difficili in pochi secondi; piuttosto si tratta di un tipo di neurodivergenza che pone sfide quotidiane e con cui bisogna imparare a vivere. Fra un’esibizione in alfabeto farfallino e l’altra, la performer ci spiega cos’è lo stimming, una tecnica di autoregolazione messa in atto dalle persone autistiche per gestire il sovraccarico di stimoli. Senza rinunciare alla comicità, ci confida che in realtà quel suo modo di parlare un po’ teatrale e impostato non è un artificio riservato alla scena ma una caratteristica dovuta all’autismo che ha poi avuto modo di indirizzare sul palco. Il contesto del Tranvai, scelto dal FringeMI per questo spettacolo, si adatta perfettamente al formato della stand up comedy. Lo spettatore può ascoltare il pezzo sorseggiando una birra mentre i camerieri circolano fra le sedie della platea e Sofia Gottardi riesce a non perdere un attimo la concentrazione, anzi integra all’interno del suo monologo input e suggestioni che arrivano dell’esterno, senza mai uscire dalla parte. È soprattutto la spontaneità del suo umorismo a rendere piacevole tutta la performance, anche quando qualche battuta non riesce ad arrivare dritta al pubblico. Ce n’è per tutti i gusti: chi non è toccato dal tema del bullismo e non si è mai sentito uno “sfigato” alle scuole superiori, può ridere quando Sofia comincia a parlare della sua dipendenza dai “mi piace” che riceve sui social o del suo lavoro con i bambini a scuola. Per un aneddoto che incespica – ma di cui si coglie la sincerità di una vita vissuta – ne arriva subito un altro che riesce a farci ridere; e poi citazioni, da battute alla Orgoglio e Pregiudizio a randomici riferimenti ad Andrea Diprè, disseminate di tanto in tanto nei monologhi, per far spuntare un sorriso in più fra il pubblico. Sofia Gottardi si scalda nel corso dello spettacolo e nonostante la posa dell’asociale, scontrosa e introversa, guadagna sicurezza man mano che ci si inoltra nella serata e alla fine non può che risultare simpatica agli avventori per la scelta, fosse pure artisticamente premeditata e senza dubbio tipica nel mondo della stand up comedy, di mostrarsi sul palcoscenico interamente per quello che è.
Chiara Carbone
in copertina: foto di Davide Aiello
ONE DISAGIATA SHOW
scritto e interpretato da Sofia Gottardi
Contenuto scritto nell’ambito dell’osservatorio critico di FringeMI 2024