Il palco è sezionato in uno strano reticolo che compone alcuni quadrati, di cui uno più scuro degli altri. È lì che sta un robottino aspirapolvere mentre al suo fianco si siede Cristina Krystal Rizzo. La danzatrice-coreografa attiva l’elettrodomestico che con il consueto segnale acustico si accende e inizia a muoversi. Allo stesso tempo Rizzo si lancia in una danza frenetica. Scopriamo così che il Solo che dà titolo al lavoro è in realtà un passo a due, dove i percorsi di donna e macchina continuano a intrecciarsi: il tracciato del robot apparentemente casuale e “asettico” e quello della Rizzo “volontario” ma mutevole. Certe volte il robot si blocca e la danzatrice, dopo essersene accorta, con lenti passi si avvicina e, con un semplice tocco, lo fa ripartire. Come a dire che il cammino fra uomo e macchina si intreccia in continuazione e non si può evitare, ma nel momento in cui la tecnologia trova il suo limite è l’uomo ad avere il potere di farla ripartire, in quanto unico essere tra i due ad avere capacità decisionale. La presenza del congegno, dal canto suo, apre una riflessione su ciò che c’è di imprevedibile nel cammino dell’uomo; su ciò che si intromette fra corpo e spazio e permette di modificare i punti di riferimento che si credono fissi. Solo però non è solo questo, ma anche il tentativo di sperimentare la propria potenza espressiva a stretto contatto con la musica: la sua breve durata rispecchia infatti interamente la lunghezza di Verklärte Nacht, composta da Arnold Schönberg, nella versione di Von Karajan con la filarmonica di Berlino, con cui intreccia un ulteriore livello dialogico. Una performance intima, ma allo stesso tempo coinvolgente. La Rizzo chiude con delicatezza l’edizione 2019 di MilanOltre con il suo minimalismo d’autore lasciandoci con l’immagine finale dove le luci si abbassano pian piano, la musica diminuisce sempre più fino a svanire. Si percepisce solo la luce verde del robot che continua a muoversi, il suo rumore meccanico e a fianco la sagoma della danzatrice che si distingue a fatica, ma che aleggia sulla scena come un fantasma o come un ricordo che sta svanendo.

Laura Cassinelli


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