Entrare nella piccola sala del Teatro Linguaggicreativi, in occasione delle repliche di Sospiri, è quasi come entrare nel porto di Brindisi: enormi reti da pesca rosse e bianche fanno da sfondo e sipario al racconto con cui l’attore e drammaturgo Gabriele Genovese e la regista Elisabetta Carosio hanno saputo incantare il pubblico. Il monologo, che dà voce a una caleidoscopica moltitudine di personaggi, sembra attingere da storie e vicende popolari fortemente radicate nel territorio in cui prendono forma: una narrazione che invita a entrare nella vita dei singoli personaggi per coglierne invece tutta la dimensione universale.

Lo spettatore si trova così immerso nell’affascinante racconto di Genovese, nello stesso modo in cui Mimì, nelle profondità del mare di Brindisi, resta stregato dalla bellezza di una sirena. Chi è Mimì? È il nucleo di tutti gli intrecci narrativi che l’attore-narratore dipana con semplicità: è un ragazzo “un po’ scemo, un po’ toccato”, ma è anche “l’asta del contrabbando” perché, guidando l’Alfetta, sfugge la finanza e trasporta a tutta velocità le sigarette contrabbandate dalla periferia al cuore di Brindisi, dove lo attendono “gli uomini dai capelli laccati, tuta sintetica e zoccoli”. L’universo dei personaggi viene dipinto con un linguaggio formulare che, attraverso l’antico meccanismo della ripetizione, attiva con il pubblico un rapporto di complicità. Non sappiamo quello che pensa Mimì, non conosciamo la psicologia di Nino “lu sartu”, lo stilista del paese, ma vengono sottolineate le caratteristiche che costituiscono ciascuno come unico. “Come porta Mimì l’Alfetta, non la porta nessuno” dirà la madre del protagonista in un monologo tra i più coinvolgenti dello spettacolo.

Una fiaba, dunque, che non manca quasi nessuna delle funzioni individuate da Propp: c’è la spalla dell’eroe, Nello, c’è la principessa, la sirena Leocadia, c’è l’elemento magico della profezia di Zio Rodolfo e l’aiuto dei santi che, esasperati dalle preghiere di Nello, salvano Mimì dal mare “bruttu, neru, bestia”, che si configura come antagonista. Un mondo in cortocircuito di realtà e finzione, che ha bisogno solo della parola per esistere. La scenografia, i pochi oggetti simbolici che esaltano la potenza visiva di alcuni passaggi del racconto, le musiche mediterranee lasciano spazio all’essenziale proprio con la loro semplicità. Possiamo godere così di un atto narrativo puro, e permettere a Gabriele Genovese di farci entrare e uscire dalla vita dei suoi personaggi, e credere fino in fondo, per una sera, alle loro storie.

Miriam Gaudio

Sospiri. Un amore di contrabbando

di Gabriele Genovese
regia di Elisabetta Carosio