con Tony Laudadio
drammaturgia Antonio Ianniello e Francesco Saponaro
regia e spazio scenico Francesco Saponaro
visto nell’ambito di “Stanze”, alla Casa Museo Boschi Di Stefano a Milano
3-4 giugno 2015

Un pianoforte, una poltrona, sullo sfondo un intreccio di muscolature metafisiche. E al centro di questa scena Šostakovič, la sua musica densa di angoscia repressa e tensione inesplosa. Siamo nella sala numero 4 della Casa Museo Boschi –Di Stefano, su una parete campeggia  “La scuola dei gladiatori: il combattimento”, di Giorgio De Chirico.  Non poteva avere ambientazione migliore l’allestimento de Il folle santo,  l’atto unico scritto da Antonio Ianniello e Francesco Saponaro (che ne ha curato anche la regia) sulla figura del compositore e melologo russo e sul suo rapporto controverso con il regime stalinista. Le sue manie, i suoi malanni, la sua intelligenza zampillante, la sua frustrazione,  il suo amore per la musica hanno preso vita davanti alla platea della rassegna  Stanze, esperienze di teatro di appartamento grazie all’interpretazione appassionata e sensibile di Tony Laudadio, attore casertano della scuderia di Toni Servillo.

“Non vedevo un granché attraverso quegli occhiali a fondo di bottiglia – spiegherà l’attore a sipario chiuso – ma è stato davvero esaltante questo confronto immediato con il pubblico, che sentivo molto attento e coinvolto nel monologo”. In scena, racchiusa in un fazzoletto della sala tra la porta a vetro e il pianoforte, Laudadio entra lentamente, appoggiandosi ad un bastone. La storia di Šostakovič, figura profetica e decisiva per il Novecento russo, la sua carriera inizialmente ostacolata con violenza dalla censura, quindi subdolamente incoraggiata (ma solo a patto di dolorosi compromessi), è  snocciolata quasi a singhiozzo, accompagnata da improvvise telefonate, unico contatto con il mondo esterno per questo personaggio chiuso nella sua arte universale e capace di una visione del mondo ironica e malinconica. Talvolta altri personaggi, prevalentemente velenosi funzionari stalinisti, interrompono il flusso del racconto “impossessandosi” del personaggio interpretato da Laudadio. Un passaggio forse un po’ forzato, ma che l’attore è riuscito tuttavia a rendere convincente.

La musica intreccia il fluire del discorso, a volte sostituendosi alle parole, a volte doppiandole, a volte mescolandosi a esse fino a fondersi, per un racconto di vita ricostruito a partire da un nutrito epistolario e da alcune biografie. Il risultato è un assolo con rifiniture pregiate, compiuto per semplicità e prospettiva, vissuto all’interno di una cornice che non ha fatto altro che arricchire il risultato finale. Come nella migliore tradizione di “Stanze –  esperienze di teatro d’appartamento”, la rassegna, giunta alla quarta edizione, curata in ogni particolare da Alberica Archinto e Rossella Tansini, che anche quest’anno si conferma  appuntamento per palati teatrali raffinati e curiosi.

Antonio Castaldo