I Sotterraneo si collocano al polo opposto rispetto alla silenziosa Chiara Bersani. Quasi a riprendere il modus operandi dell’ultimo spettacolo corale, il celebre Overload (2017), Atlante linguistico della Pangea cavalca di nuovo la postmoderna discontinuità logica. Se però allora l’appoggio narrativo era un’indagine-racconto ispirata alla vita e alle opere di David Foster Wallace, adesso l’elemento coagulante è ancora più tenue da un punto di vista drammaturgico: percorrere alcune parole straniere, intraducibili e prive di un corrispettivo in lingua italiana. Come per altro accadrà anche nella performance di Michikazu Matsune, le parole (con la lingua di provenienza e le loro definizioni) saranno proiettate sullo schermo centrale, mentre sul palco esse verranno agite, “illustrate” attraverso situazioni performative unite dal semplice scorrere delle parole. È proprio questa significazione interpretata, incorporata, realizzata e perciò smascherata logicamente a costituire una delle cifre stilistiche di Sotterraneo, attorno cui si sviluppano spettacoli di altissima qualità. 

Questo allontanamento dalle lingue occidentali, questo scavo ironico sui segni e la realtà è rappresentato dal viaggio dei cinque performer, che appaiono in veste di campeggiatori. Fra giochi ironici, richiami pop, playback, canzoni e coreografie disneyane, i Sotterraneo tengono gli sguardi incollati alla scena, sciorinando una tenuta dei tempi e una ritmicità senza eguali. Il dispositivo parola/significato/azione permette al collettivo fiorentino di avanzare senza retorica, ma anzi di costruire un processo non privo di momenti alti, in cui il sorriso si blocca di colpo. È il caso di quando Lorenza Guerrini (in scena insieme a Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Daniele Pennati, Giulio Santolini) si chiede «posso pensare qualcosa che non formulo in parole? Se non la definisco, vuol dire che non esiste?». Questi agganci più o meno diretti al portato filosofico dell’argomento linguistico da un lato dimostrano l’ampiezza della ricerca e l’attenzione teorica dei Sotterraneo (che nel video Pangea calling, un documentario sulle ricerche alla base dell’Atlante linguistico, si spinge ad esempio fino a un Derrida particolarmente polemico con l’insegnamento scolastico), dall’altro danno il senso di un argomento davvero troppo grande per un solo spettacolo. La denuncia del colonialismo linguistico e la scomparsa di parlanti nativi, ad esempio, si ritrova in un momento molto delicato e sospeso, che poi viene subito sommerso nel magma postmoderno della performance. 

Fra le macro-aree filosofiche che si aprono e si chiudono in uno spettacolo apparentemente semplice e ironico, quella su cui più giocano i Sotterraneo ci rimanda ancora a Overload: la lingua come rappresentazione del reale. Il rapporto foucaultiano fra parole e cose, l’ordinamento e la gerarchizzazione logico-formale della realtà nella cultura occidentale vengono esplorati e smontati attraverso l’espediente performativo dell’agire la significazione. All’interno di questo gioco esplorativo, i performer espongono allo stesso tempo il potenziale creativo e i rischi oppressivi della logica grazie a una trama debole, a un dispositivo scenico i cui contenuti non concorrono a un significato unitario. Atlante linguistico della Pangea si muove fra due poli: da un lato una lingua poetica (nel senso di poiesis, creatrice, nutrice di realtà), dall’altro una lingua che controlla e costringe la realtà in maglie da cui è difficile poi uscire. 

E mentre in una delle ultime scene i Sotterraneo “parlano” con l’ultima parlante di una lingua che per filologi e linguisti è già scomparsa e archiviata, lo spettatore si domanda: cosa si stanno dicendo, davvero?

Riccardo Corcione


ATLANTE LINGUISTICO DELLA PANGEA
concept e regia Sotterraneo
in scena Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati, Giulio Santolini
scrittura Daniele Villa
luci Marco Santambrogio
costumi Eleonora Terzi, Laura Dondoli
sound design Mattia Tuliozi
elementi scenici a cura del Laboratorio di Emilia Romagna Teatro Fondazione
macchinista costruttore Sergio Puzzo
grafica Lorenzo Guagni, Jacopo Jenna
responsabile produzione Eleonora Cavallo
produzione Sotterraneo
con il contributo di ERT – Emilia Romagna Teatro, Fondazione CR Firenze
sostegno Regione Toscana, Mibac
residenze artistiche Centrale Fies_art work space, La Corte Ospitale, Elsinor/Teatro Cantiere Florida, Laboratorio Nove, Associazione Teatrale Pistoiese

Spettacolo visto in occasione di apap_Feminist Futures Festival