Una musica quasi primordiale fatta di suoni distanti e profondi accompagna le movenze delle sei figure posizionate sul palcoscenico. I loro corpi si appropriano di gesti di diversa natura: talvolta fluidi, talvolta bruschi, armonici ma anche improvvisi. Eseguono i movimenti in sincronia, senza un’esatta simmetria ma facendo percepire al pubblico un determinato equilibrio: il vento evocato nel titolo, in scena trasporta e incorpora ogni cosa. Il movimento dell’aria ci sveste dei nostri pensieri più profondi, lì porta con sé. Spinti, trascinati, accarezzati da questo moto i danzatori affidano il loro “io” alla fluidità dell’aria, alla forza della natura. Il fumo simulato in scena e la fievolezza delle luci avvolgono i danzatori in una dimensione mistica durante tutta la performance e proiettano il pubblico in uno spazio quasi onirico. Gli spettatori, ormai completamente rapiti da ciò che succede sul palco osservano con attenzione i sei soggetti che tra piccoli gesti e grandi bracciante a tagliare l’aria, portano in scena la necessità dell’uomo di emergere dai propri meandri interiori.

Quando la nostra interiorità entra in contatto con un fenomeno naturale come il vento, siamo portati ad affrontare in qualche modo una sorta di metamorfosi fisica ed emotiva: e infatti osservando i gesti dei danzatori è come se l’aria scorresse dentro di loro a scombinare mente e pensieri, ma anche fuori a compromettere la loro fisicità. I movimenti stessi sono aria che è riuscita a farsi spazio dentro loro, li guida, li dirige alla scoperta delle proprie sensazioni. I gesti che ogni performer esegue sono diversi: il rapporto con il vento è un incontro personale. I loro movimenti lo raccontano: ognuno reagisce, asseconda, si interfaccia. Nessuno è al riparo, nessuno può nascondere il proprio privato, le proprie paure, le angosce, le proprie sensazioni. È uno scontro, un rapimento, uno scippo, ma anche un’apertura profonda verso la conoscenza di sé stessi.

Beatrice Locatelli

(ph: Sara Meliti)


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