Negli ultimi anni Parigi, come si addice a ogni capitale che si rispetti, è stata al centro di continue spinte innovatrici, che hanno fatto tremare più volte i pilastri della sua identità metropolitana. Nonostante il continuo stress mediatico e il ribollire di tensioni interne, però, la Ville Lumière è riuscita a mantenere intatto il suo spirito libertino e a farsi strada fra i drammi del contemporaneo a colpi di humour secco e pragmatismo.
In accordo con lo spirito resiliente della popolazione, i teatri parigini non si lasciano scoraggiare dalla crisi pandemica e rendono giustizia all’hashtag #Culturecheznous (Cultura a casa nostra), lanciato dal Ministro della Cultura Françoise Nyssen a inizio quarantena, reinventandosi per il digitale fra iniziative ad hoc, spettacoli web, fotodiari di vecchi spettacoli e documentari inediti sui dietro le quinte di show iconici.

Qui sotto trovate una panoramica aggiornata di alcune tra le iniziative più interessanti.


La Cartoucherie – Théâtre du Soleil

La Cartoucherie (Foto di Le Collectif 13)

Insieme al Théâtre de la Tempête, al Théâtre de l’Epée de Bois, all’Atelier du Chaudron (fermo dal 2012) e al Théâtre de l’Aquarium, il Théâtre du Soleil è una delle troupe che costituisce La Cartoucherie, considerata fra i luoghi più misteriosi di Parigi. Questo poligono di tiro nel Bois de Vincennes, abbandonato dalle truppe francesi a metà anni sessanta, compie la sua metamorfosi nel 1970 sotto l’opera di Ariane Mnouchkine, regista visionaria che impianta qui il primo dei cinque gruppi teatrali che andranno mano a mano ad occupare questo spazio, rendendolo oggi una delle realtà più dinamiche della capitale. Fin dai primi anni la linea è sperimentale. Le compagnie de La Cartoucherie abbattono sistematicamente la quarta parete vestendosi e truccandosi di fronte al pubblico prima degli spettacoli, esibendosi in spazi non convenzionali (capannoni, boschi, fienili), desacralizzando il concetto di palcoscenico e concentrando i propri sforzi su un approccio corporeo alla scena.

Il Théâtre du Soleil, forza trainante del complesso fin dalle origini, è in prima linea anche in questo periodo di emergenza. Una volta a settimana pubblica infatti sulla sua pagina Facebook ufficiale non solo spettacoli, ma anche contributi multimediali (making of, reportage fotografici, tracce audio) per ricreare l’atmosfera interattiva e anticovenzionale delle performance passate, nell’attesa di poter incontrare di nuovo il proprio pubblico dal vivo.

L’interno Theatre du Soleil (Foto di Anne Lacombe)

Disponibile fino a venerdì 24 aprile la versione integrale di Les Éphémères, uno spettacolo diretto dalla Mnouchkine con musiche di Jean-Jacques Lemêtre. Les Éphémères si presenta come una vera e propria “epopea piccolo-borghese” (prendendo in prestito le parole di Bachtin), con otto ore di scene in susseguirsi senza soluzione di continuità su una piattaforma rotante. È il viaggio a ritroso di una donna che, alla morte dei nonni, scopre di una parte del loro passato spesa ad Auschwitz. Seguono stralci di vita quotidiana: mariti arrabbiati, incidenti stradali, anniversari, matrimoni, in una lunga sfilata di umanità che mette in luce l’aspetto precario, appunto effimero dell’esistenza di tutti noi.


Théâtre Bouffes du Nord

Katia Kabanova di André Engel (Foto di Richard Schroeder)

Quella del Bouffes du Nord è una storia travagliata. Costruito nel 1876 in una zona periferica, scarsamente illuminata e limitrofa ai campi, per anni attira esclusivamente un pubblico in cerca di guai, più che di spettacoli teatrali. Dopo una lunga sfilza di direttori artistici incapaci di ribaltarne le sorti, nel 1952 è ormai considerato a tutti gli effetti materiale da demolizione. Nel 1969 però, la prima svolta: un imprenditore edile italiano lo acquista per prevenirne la distruzione. Poco dopo, Micheline Rozan e Peter Brook si recano in questo “teatro dimenticato da tutti, proprio dietro alla Gare du Nord”, e al termine di un tunnel polveroso trovano i resti dei Bouffes, “fatiscenti, rovinati dalla pioggia eppure nobili, umani, luminosi”. Brook rimane alla direzione artistica dalla riapertura nel 1974 al 2010, anno in cui passa il timone a Olivier Mantei e Olivier Poubelle.

Oggi la programmazione conta centinaia di spettacoli l’anno, con produzioni affidate tanto a compagnie emergenti quanto a quelle storicamente radicate sul territorio parigino. Collaborazioni a livello locale che rendono esplicito il debito di gratitudine alla città in cui il Bouffes è sorto, anche se ora la sua stagione vanta un cartellone dalla portata intercontinentale. L’approccio che Les Bouffes ha adottato di questi tempi è semplice: non potendo le persone venire a teatro, è il teatro a venire alle persone. Les Bouffes du Nord viennent à vous! (Il Bouffes du Nord arriva da voi!) è lo slogan con cui la compagnia presenta una serie di documentari e spettacoli in streaming messi a disposizione direttamente sul sito ufficiale.

Una scena di FRAGMENTS di Peter Brook con Marcello Magni (Foto di Pascal Victor/ArtComArt)

Fra i materiali disponibili figura un imperdibile Fragments, rapsodia di testi di Beckett messa in scena da Peter Brook, ormai leggenda vivente, coi suoi pupilli Jos Houben, Kathryn Hunter e Marcello Magni. Spettacolo in inglese con sottotitoli in francese.
I melomani potranno godersi in video anche la versione da camera dell’opera lirica di Leoš Janácek Katia Kabanova per la messa in scena di André Engel: cosa c’è di meglio di un amore tormentato nella Mosca di metà Ottocento per scordarsi dei guai del presente per qualche tempo?


Théâtre des Amandiers

Una scena di La nuit de taupes di Philippe Quesne (Foto di Martin Argyroglo)

Nel 1965 il comico e produttore belga Pierre Debauche organizza un festival teatrale sotto un tendone in Rue de la Côte des Amandiers a Nanterre, comune nella banlieue nord-ovest di Parigi. L’anno seguente, il festival si ripete in un hangar militare. Dopo la terza e ultima edizione in un palasport, nel 1968 viene stipulato un accordo fra lo Stato e la municipalità di Nanterre per la creazione di una Maison de la Culture, ancora non presente sul territorio. Nel 1969 apre la versione temporanea del Théâtre des Amandiers, che nel 1976 avrebbe acquisito le sembianze che conserva ancora oggi. La sua caratteristica facciata di cemento, su cui campeggia a grandi lettere il motto MAKE IT WORK, di questi tempi è servita da ispirazione per il ciclo di iniziative online organizzate dal teatro, riunito sotto il cappello di MAKE IT HOME.

«Parce que le partage et la transmission font partie de l’identité de Nanterre-Amandiers, nous vous proposons de continuer à vivre, virtuellement, des échappées artistiques et des moments de réflexion»

[Poiché la condivisione e la trasmissione di idee fanno parte dell’identità di Nanterre-Amandiers, vi proponiamo di continuare a vivere, virtualmente, delle “fughe” artistiche e dei momenti di riflessione].

Dal 2014 sotto la direzione artistica di Philippe Quesne, l’Amandiers si distingue per l’estetica futuristico-minimalista che accomuna edificio, sito web e impostazione degli spettacoli, improntati a una cifra contemporanea e alla costante contaminazione col campo delle arti visive.

Hate di Laetitia Dosch (Foto di Dorothée Thébert Fillinger)

Fra le ultime aggiunte al catalogo online figura La nuit de taupes (La notte delle talpe), una produzione di Quesne del 2016. Una favola/opera rock allucinata e – letteralmente – underground, ambientata fra stalattiti e stalagmiti, che vede in scena un gruppo di attori in vistosi costumi animaleschi e punta tutto sulla forza della gestualità.

Da vedere anche Hate di Laetitia Dosch (2018), un soliloquio intervallato da impossibili tentativi di dialogo per raccontare l’amore folle fra una donna e un vero cavallo, lasciato vagare libero per la scena. Qui l’intero catalogo, in continuo aggiornamento, di spettacoli, documentari e film d’artista caricati sul sito del teatro.


La Colline – Théâtre National

La sala de La Colline

Nato in Libano, trapiantato in Québec nel 1983 a soli 15 anni, Wajdi Mouawad ha costruito la sua carriera come scrittore, attore, sceneggiatore e drammaturgo in Canada, senza mai però scordarsi gli orrori della guerra civile cui è sfuggita la sua famiglia. Nel 1988 fonda La Colline, un teatro d’ensemble – fra le prime istituzioni culturali a sorgere nell’est di Parigi – impegnato nella messa in scena di testi contemporanei, legati all’attualità, politicizzati, interessati a “porre lo spettatore nell’atto di flagrante empatia tanto verso le vittime quanto verso i colpevoli delle tragedie umane”.
Le parole del manifesto che la compagnia ha sottoscritto all’inizio del 2019 ben si accordano allo lo spirito dei tempi.

Qui parmi nous saurait affirmer vivre au présent de sa vie? Ce présent qui signifie être simplement là, sans souci du lendemain, sans connaissance du lendemain, dans l’indifférence du lendemain?

[Chi di noi può affermare di vivere nel presente della sua vita? Questo presente che significa semplicemente essere lì, senza preoccupazione per il domani, senza conoscenza del domani, nell’indifferenza del domani?]

Wajdi Mouawad (Foto di Simon Gosselin)

Proprio mentre siamo costretti all’eterno ritorno, giorno per giorno, del nostro presente, La Colline, dalla sua sede di Rue Malte-Brun, propone incontri in streaming coi membri della compagnia direttamente dal suo sito web, registrazioni di conversazioni con operatori del mondo della cultura tenutesi fra le mura del teatro e, ogni giorno alle 18.00, un’occasione unica di entrare in connessione con Wajdi, che dal suo appartamento aggiorna quotidianamente il suo Journal de confinement (Diario dell’isolamento). La parola diventa strumento poetico per annullare le distanze, “poesie e riflessioni come finestre sull’altro per poter condividere la brutalità dell’orizzonte attuale e alleggerirne il peso”. Altra iniziativa da segnalare è Aux creux de l’oreille (In confidenza). Dal lunedì al venerdì, in due time slot (dalle 16.00 alle 19.00 e dalle 19.00 alle 21.00) artisti legati alla compagnia recitano poesie, testi drammaturgici o stralci di opere letterarie per qualche minuto, al telefono, nelle orecchie di sconosciuti. Un tête à tête intimo, che pone l’accento sul potenziale di connessione umano del teatro. Qui il modulo per partecipare.

Sara Paqu Bresciani