Il teatro di ricerca di Fanny & Alexander è (da ben 25 anni) un teatro senza compromessi, che supera la rappresentazione, che indaga nuovi territori espressivi, che consegna all’altro, inteso come singolo e al contempo come comunità, una responsabilità, prima fra tutte quella di interrogarsi sul rapporto vivo che si realizza tra individuo e gruppo, spettatore e attore, tra pubblico e opera.
To be or not to be Roger Bernat, che ha debuttato a Centrale Preneste durante il festival Teatri di Vetro nell’ottobre del 2016, è un progetto nato grazie all’incontro tra la compagnia ravennate e Roger Bernat a Wroclaw, in Polonia, durante un workshop, prima tappa di un lavoro più ampio sulla tragedia del principe di Danimarca.
Una conferenza spettacolo sull’Amleto recita la descrizione, tenuta da un poliedrico Marco Cavalcoli, nei panni di un artista senza nome, eterodiretto tramite cuffie wireless in tempo reale (pratica utilizzata dalla compagnia in molti spettacoli da Him del 2007 fino al progetto Discorsi del 2011). Non avere nome significa anche non avere identità e così, da attore qual è, il relatore si appropria fin da subito di quella di un suo contemporaneo collega, oratore atteso al tavolo, a quanto ci indica la targhetta dorata con il suo nome: Roger Bernat.
Ma Cavalcoli non è solo colui che s’impossessa di, ma anche colui che si fa possedere da, alcuni “Amleto” del grande schermo. È – e allo stesso tempo non è – Kenneth Branagh che anela a un abbraccio di Ofelia (con la voce del suo doppiatore italiano, Popolizio), l’Amleto di Franco Zeffirelli (Mel Gibson), fino alla voce di tutti i personaggi della tragedia, in versione cartone animato, in una puntata dei Simpson. Cavalcoli si fa così doppiatore e mattatore, conferenziere e regista, filosofo e ingiuriatore, attore e spettatore in uno sconfinamento ibridante di linguaggi, stili di recitazione e livelli drammaturgici che re-mixa identità.
Come nella pellicola di Christopher Nolan Inception questa conferenza spettacolo di Fanny & Alexander conduce il pubblico in un vortice di lingue, citazioni e personalità che interrogano il ruolo dell’interprete e dello spettatore, l’essere un essere individuale e al contempo universale, conforme e difforme, fantasma impalpabile, impossibilitato ad agire nel mondo fisico, e spettro vendicativo, capace di rendersi tanto reale da portare alla rovina la sua intera famiglia.
Il primo livello: nessuno ha mai fatto l’Amleto!
La voce registrata di Roger Bernat che recita “to be or not to be” scivola in quella reale dell’attore in scena. Cavalcoli se ne appropria, imita, mima la soggettività di un altro, e così ne mina l’essenza: quel segno fisico-uditivo unico, specifico di un’individualità viene spersonalizzato. In scena è Bernat, ma è anche l’Amleto di Bernat, è ogni Amleto, è sé stesso e un artista indefinito. Qui Fanny & Alexander sembrano strizzare l’occhio al postmodernismo, rivendicando il diritto alla continua metamorfosi, alla citazione, all’imitazione, alla parodia fino al furto d’identità (se mai ce ne fosse una). Cavalcoli en travesti, occhiali, basette, gestualità e parlata alla Bernat – in quel pastiche di spagnolo, inglese, francese e italiano che caratterizza la lingua del regista – attraverso l’anti eroe shakespeariano analizza il teatro contemporaneo, racconta al pubblico del problema dell’identità e del reenactment, quei sedimenti secolari che realizzano e confondono allo stesso tempo l’essenza del principe danese. L’istrionico Cavalacoli doppia l’Amleto dei Simpson che scorre su uno schermo alle sue spalle e, doppiandolo, cita se stesso, voce dei personaggi del Mago di Oz del 1939 di Victor Fleming nello spettacolo Him.
Nel gioco del teatro sprofondiamo, accompagnati da Cavalcoli-Bernat che dà voce al cabarettistico disgraziato principe di Petrolini, al drammatico Amleto post seconda guerra mondiale di Laurence Olivier, al Parenti nell’Ambleto diretto da Andrée Ruth Shammah. Un altro pastiche, un altro giro di giostra et voilà: anche il pubblico viene chiamato in causa.
Il secondo livello: ha senso parlare di spettatori a teatro?
Per Roger Bernat il pubblico non è passivo: ognuno, a teatro e fuori, è spett-attore. Essere pubblico è un gioco serio, è un rischio attraverso il quale è possibile realizzare una collettività. Così per Bernat (e per Fanny & Alexander) non ha molto senso parlare di spettatori a teatro, sarebbe meglio parlare di esseri umani sulla terra. Ognuno è citazione di qualcun altro, interpreta una parte, dirige e si fa dirigere. Cavalcoli, eterodiretto in cuffia con indicazioni gestuali e battute, mette in scena un Bernat perfettamente aderente al vero Bernat, il cui calco iper realistico della testa, accompagnerà con sguardo vigile tutto lo spettacolo. L’operazione è tanto fittizia quanto aderente alla realtà da lasciare, soprattutto allo spettatore che non conosce Bernat, la sensazione di aver ascoltato e visto il regista catalano in carne ed ossa.
Cavalcoli-Bernat gioca con la platea: sale sul palco, novella Gertrude dalla corona di cartone, una spett-attrice a cui l’attore lascia il posto per avvicinarsi al pubblico. Sarà lei, regina della scena simile a una DJ, a mixare tramite un pad gli innumerevoli Amleto che Cavalcoli, dotato dell’ear monitor, riconsegnerà al pubblico. È il pubblico che si fa re attraverso un suo emissario, ma il vero re nell’Amleto è morto. Sarà ancora il pubblico a mettere in scena l’antefatto del dramma, con il sacrificio di uno spett-attore nei panni di Re Amleto, sul palco con Gertrude, Claudio e un accompagnatore di quest’ultimo. Il re è stato ucciso, ora Cavalcoli può urlare gli Insulti al pubblico di Peter Handke: frustrati, teste vuote, il pubblico ride, l’attore esce, sullo schermo appare Roger Bernat, quello vero, che pare imbarazzato dal calco della sua testa appoggiato a un tavolo vicino a lui, sorride ed esce anche lui.
Camilla Fava
To be or not to be Roger Bernat
conferenza spettacolo di Fanny & Alexander
produzione E / Fanny & Alexander
ideazione Luigi de Angelis e Chiara Lagani
drammaturgia Chiara Lagani
regia Luigi de Angelis
con Marco Cavalcoli
visto all’Ortofrutticola Albenga in occasione del festival Terreni Creativi_il 5 agosto 2017